Presentazione di Anna Esposito
Negli ultimi due decenni gli studi relativi all'associazionismo femminile hanno conosciuto una significativa ripresa d'interesse, pur rimanendo ancora marginali soprattutto nell'ambito della storiografia confraternale. Eppure sarebbe tempo di cominciare a riconsiderare il ruolo svolto nel periodo tardomedievale dalle donne anche in questo campo per indagare il loro effettivo coinvolgimento nella vita e nella gestione dei sodalizi e contemporaneamente fornire un apporto significativo al più ampio tema dei comportamenti delle donne nella società dell'epoca, al di là della sfera del privato cui sembrano in genere relegate.
Però per una considerazione complessiva del problema risulta indispensabile l'approfondimento su singole realtà locali, ancora lontano dall'essere perseguito in modo significativo. Un contributo in questo senso è fornito dalla ricerca di Luca Della Rocca sulla società delle disciplinatrici di Bagnaia, - un castrum vicino a Viterbo nel Quattrocento sulla scorta di una documentazione non copiosa ma significativa, fortunatamente reperita in diversi archivi di Viterbo e di Bagnaia. Infatti, pur in mancanza di matricole e libri sociali, gli atti notarili hanno in parte supplito alla perdita dell'archivio confraternale consentendo la ricostruzione seppure per grandi linee- degli assetti istituzionali oltre che devozionali e caritativi.
L'elemento più significativo emerso dall'analisi dei documenti raccolti è proprio di carattere istituzionale: la sezione femminile dei disciplinati di Bagnaia era diretta e gestita esclusivamente dalle donne iscritte al sodalizio, del tutto autonome dalla sezione maschile sia per quanto riguardava l'amministrazione dei beni che per l'esercizio delle pratiche di devozione e delle opere di carità. Un'autonomia così ampia nel mondo confraternale femminile, allo stato attuale delle ricerche, risulta davvero insolita, anche se recenti indagini relative a comunità religiose oppure ospedaliere 'miste' hanno messo in rilievo l'esistenza non insignificante di istituzioni a maggioranza e a direzione femminile.
Diretta e gestita unicamente da donne di diversa estrazione sociale, questa fondazione - aperta a vedove, nubili e coniugate se può essere considerata “una costola” della più ampia confraternita di disciplinati, spesso parenti delle 'consorelle', non sembra avere rapporti peculiari né con questa nè con una qualsiasi rappresentanza maschile, neppure per l'incarico di procuratore, che le nostre disciplinatrici ricoprivano in prima persona, come pure l'ufficio di 'governatrice' e quello di 'cameraria'. L'immagine di autonomia è poi confermata dall'assunzione di una propria sede di riunione la chiesa di S. Stefano- diversa da quella maschile la chiesa di S. Giovanni Battista- e, cosa affatto trascurabile, di un luogo esclusivo di sepoltura nella chiesa di S. Maria, entrambi indicatori anche dell'affermazione di una propria identità da parte delle disciplinatrici di Bagnaia.
Se certamente peculiari e particolarmente significative sono le vicende istituzionali della societas mulierum discipline, lo studio di Luca Della Rocca sottolinea anche altri aspetti della vita di questa particolare comunità confraternale. Un contributo di particolare interesse riveste l'analisi degli aspetti devozionali in relazione sia alle pratiche religiose legate al culto mariano, peraltro consueto nelle confraternite disciplinate sia alla committenza artistica della cappella del sodalizio nella chiesa di S. Stefano, oggetto di una peculiare ricerca da parte del nostro autore. Irrisolto, e non potrebbe essere altrimenti, rimane il problema dell'effettiva pratica della flagellazione da parte delle disciplinatrici, sebbene ancora nel 1492 la loro sede venisse indicata come il luogo in qua fiat disciplina mulierum.
L'accurato lavoro di ricostruzione delle vicende, della struttura e delle finalità di questa particolare fondazione indica con grande evidenza le potenzialità che rivestono ricerche non distorte da condizionamenti o pregiudizi - sull'effettivo ruolo delle donne nella società tardomedievale, ruolo di cui ancora tanto ci sfugge e che il lavoro di Luca Della Rocca permette di mettere a fuoco nella sua dimensione concreta.
Anna Esposito
Nota introduttiva di Fulvio Ricci
L'oggetto della ricerca del presente volume - elaborazione della tesi di Laurea dell'autore - viene ad assumere un significato paradigmatico per la peculiare realtà del patrimonio culturale dell'antico territorio del Patrimonium Beati Petri, facendo di questo studio un prodotto decisamente più articolato e complesso di una semplice ricostruzione storica. Il titolo stesso del lavoro: Gli affreschi della chiesa di S. Stefano a Bagnaia e la società delle disciplinatrici nel tardo Medioevo, è una palese dichiarazione di intenti di individuare i meccanismi dell'interazione e/o delle conflittualità delle tensioni vitali venutesi a creare nel corso del divenire storico e relativizzate al fine di rendere un fenomeno complesso nella sua articolata completezza: dalla storia sociale dell'arte, alla devozione, alla osservazione etnologica.
La situazione emblematica del complesso monumentale della chiesa di S. Stefano e degli affreschi che ne ornavano le pareti è la tabe di tanti, troppi monumenti, anche di non secondaria rilevanza, presenti sul territorio: condizioni di abbandono assoluto oltre i limiti della fatiscenza; esposizione a vandalismi, furti e spoliazioni; scadimento in usi impropri che ne offendono ed avviliscono la natura e le funzioni originarie. In questo caso, contrariamente alla norma, per una serie di circostanze favorevoli il processo di progressivo annullamento del monumento ha conosciuto esiti diversi: grazie all'interessamento della CA.RI.VIT. si e proceduto al recupero dell'edificio, allo stacco ed al restauro delle decorazioni ad affresco. Operazioni che nella loro radicalità con lo snaturamento della destinazione e con la decontestualizzazione dal loro luogo originario delle pitture, vengono a rappresentare in concreto il senso della storia, del suo esprimersi per presenze oggettive e palesi e, con molta più frequenza, per lacune ed assenze.
Ecco la realtà, il compendio di condizioni oggettive e soggetive, che si sono proposte all'autore e alla sua volontà di reinserire nella storia questo episodio confraternale con la sua complessità fenomenologica e le sue attività sociali, devozionali e di committenza artistica. L'analisi delle fonti e delle diverse categorie di documenti - scritti e iconografici - ancora disponibili ed identificabili ha permesso di ricostituire il continuum storico sostanziato dalla peculiare registrazione delle espressioni vitali di cultura e civiltà dei singoli, del sodalizio, dell'intera comunità di riferimento. I dati-documento, i reperti-testimonianza della espressione culturale rappresentata dal sodalizio delle disciplinatrici, dai suoi riti, dal suo vissuto quotidiano, sono letti non come estranei relitti da registrare in cataloghi compilativi né segni di un mondo perduto da rievocare nostalgicamente, bensì quali testimonianza concreta di valori storici, antropologici e sociologici espressione diretta ed inequivocabile di quel comune Mondo-della-Vita la Lebenswelt della fenomenologia husserliana - ancora attualmente presente benché allo stato residuale o di latenza.
Su questa dimensione è venuta ad articolarsi la meritevole operazione condotta dall'autore che con notevole meticolosità ha posto in sequenza e in correlazione le vicende certificate dai residui documenti scritti - sottolineandone la importante e concertante perdita per incuria di numerosissimi numeri nello scorcio di questi ultimi anni-; la ricostruzione dello spaccato sociale di riferimento delle componenti il sodalizio - dominae e contadine-; e il complesso di tradizioni religiose - la processione della "Pucciarella" o le pratiche devozionali cruente delle disciplinatrici frustanti citate da Niccolô Della Tuccia in relazione alla processione al santuario della madonna della Quercia in seguito alla fine dell'epidemia di peste del 1467. Un atto di devozione cruenta documentato sul territorio anche in un affresco quattrocentesco proveniente dalla chiesa di S. Croce di Valentano, raffigurante S. Maria Verbatorurn con ai suoi piedi due membri, un uomo e una donna della confraternita dei flagellanti; e, infine, l'analisi stilistico-formale e iconologica degli affreschi, la ricostruzione delle vicende storiche e del complesso di committenze che ne hanno determinato la sequenza, i motivi iconografici e reso possibile la realizzazione. Un atteggiamento metodologico ed una analitica fenomenologica intesa come analisi dei vissuti (Enlebnisse) che improntano l'intero complesso dei segni culturali, iconografici o frutto della condensazione di sistemi e strumenti di securizzazione collettiva: riti, culti e pratiche devozionali volte a rinsaldare o ricostituire il rapporto tra valenze archetipiche e il ciclo vitale quotidiano.