L’itinerario si snoderà per piazzale Gramsci, viale Raniero Capocci, piazza Crispi e porta della Verità, porta Romana, piazza del Comune, il Sacrario e Via Cairoli.Nel corso dell’iniziativa ampio spazio sarà dedicato alle pagine più belle consacrate dalla scrittrice Angela Giannitrapani alla Viterbo incantata dell’anteguerra e a quella occupata dai tedeschi e martoriata dalle bombe alleate.
Nell’incipit del racconto che segue, Giannitrapani rievoca il passo cadenzato di un plotone che si sposta e al canto di Lilì Marlene per vie e piazze della Viterbo occupata nel 1944.
LILÌ MARLENE
Un canto rimbalzò contro l’abside di San Giovanni
Bene, ho udito per la prima volta Lilì Marlene mentre facevo il liceo.
O forse ero in quinta ginnasio.
Ma le aule del ginnasio davano sul giardino di porta della Verità, invece il canto di Lilì Marlene fu un canto che empì la via Mazzini, la piazza, rimbalzò contro l’abside di San Giovanni, e lo udimmo insieme a un rumore di passi cadenzati.
Semplicemente un mattino di scuola, un’ora aperta, inverno o primavera, l’inerzia di un mattino di scuola a maggio, ma nella fanciullezza vi sono inverni che durano all’infinito e si trascinano stanchi per intere epoche che non saranno assorbite e consumate mai.
Accorremmo alle finestre.
Mia madre s’era cucita l’abito rosso – un taglio comprato senza tessera.
Avevano detto a Leo: – Mettiti in testa che devi studiare.
Il guaio era che continuava a sentirsi il piccolo di casa: – Allora non vuoi far niente – queste le parole di mio padre.
Le diceva a ognuno di noi tre.
Bino, per conto suo, colpa non ne aveva: rendeva quanto gli era possibile.
In salotto c’era una fotografia del principe Umberto con la fascia azzurra.
Ed eravamo andati a rotolare contro quei passi cadenzati!
Ma di guerre se ne parlava da sempre.
Avevo poco più di nove anni quando scoppiò la prima con l’Etiopia.
Gli adulti mostravano una curiosa somiglianza tra loro, e tra gli adulti e i libri od opuscoli esisteva come un riverbero particolare che accalappiava noi, la generazione in crescita.
Una sera vidi “I ragazzi di via Paal” e un’altra sera “La vecchia guardia”; dovette esserci un grande spazio di tempo tra i due film, ma più tardi li ho confusi e non m’è più riuscito di distrigare i passaggi dell’età, i fatti, le sensazioni, resta solo il ricordo di uniformi e labari, di bandierine spostate su carte geografiche (Etiopia, Spagna, Grecia), le Odi di Pindaro, il proverai la mia spada al taglio della lama.
Guerra dunque da sempre, tuttavia alle finestre accorremmo, Paola disse: – Vorrei cantare anch’io.
– È Lilì Marlene – ci informò la De Micheli – so le parole in tedesco.
Ma non capivamo il tedesco.
Un compagno disse: – Se credete che cantino soltanto.
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