"Chiede scusa per la bocca impastata, non ha più denti. Ma intanto sciorina come acqua fresca i versi di Ugolino che rode il cranio all’arcivescovo Ruggieri.
Reclama la perduta gioventù. Quando si sentiva addosso la forza di un leone. Ma sta narrando l’occupazione del Centro Sociale Autogestito... era il Novantatré... a quasi settant’anni!
Poi ti ammonisce: certo che morire si muore tutti... però... però... e leva alto il suo “però campamo!”, l’inno più dolce e indifeso alla bellezza della vita.
Si sente l’ultimo dei Mohicani, Alfio Pannega, mentre racconta di quando si sveglia... ogni mattina... accende la luce da capo al letto... guarda l’ora... “le quattro”... e tu pensi che ora salta su, da un momento all’altro, col vigore di Chingachgook... e invece... sistema il cuscino, si volta di là... dorme fino alle otto...
Perle di saggezza popolare. Motti di spirito mordace. Disincanto. Umanità sincera.
L’abbiamo sorpreso intanto che versava nei barattoli il finocchio raccolto a Castel d’Asso. Non ha saputo dirci no. É un sogno che culla dentro da troppo tempo: “Se famo un libro io so’ contento, porca miseriaccia cane!”
Siede. Poggia il mento sul bastone. Socchiude gli occhi. A tratti sembra da un’altra parte. E invece. Quel suo sorriso affilato, sornione, trabocca di carisma. Ti chiama per nome. Racconta.
Uno scrigno. Tesori incalcolabili. Sotto i tuoi occhi sfilano storie, mestieri, cose, luoghi, saperi, parole di una Viterbo (di un mondo) che non c’è più. Lunghi quanto il secolo appena trascorso: il secolo breve. E travagliato.
(Antonello Ricci)
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