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I SANTACROCE: UNA FAMIGLIA,
UN PALAZZO, A ORIOLO ROMANO
Sigrid Epp, Marcello Piccioni


Presentazione
Valeria Di Giuseppe Di Paolo (Direttore Palazzo Altieri)

L’edificazione di Palazzo Altieri e la fondazione del borgo di Oriolo si devono all’illuminato Giorgio III Santacroce nel feudo allora incolto, comprensivo dei territori di Viano e Rota, donato a Giorgio I da Virginio Orsini nel 1493.
L’articolazione attuale del palazzo-borgo, il cui progetto risale al 1562, data del contratto tra il dominus e i nuovi cittadini, riflette lo spirito umanistico rinascimentale e muove dall’aspirazione alla città ideale, secondo i principi della trattatistica dell’epoca, come spazio razionale, funzionale ed estetico progettato per la comunità civica e organizzato in base a precise gerarchie politiche ed economiche. Ancora oggi è possibile cogliere questo legame unico tra il Palazzo e il borgo, fondato sulla genesi e sullo sviluppo di un progetto unitario che rappresenta al contempo uno dei primi esempi di pianificazione urbanistica moderna.
Il volume indaga nella prima parte, a cura di M. Piccioni, le origini, gli avvenimenti, le personalità e le scelte degli esponenti della famiglia Santacroce, collocando le loro storie in un orizzonte temporale segnato dal fenomeno di “aristocratizzazione e trasformazione del patriziato in nobiltà”, la quale orienta i nuovi interessi verso le campagne laziali alla ricerca di zone produttive da colonizzare. Si inquadrano con particolare attenzione le ragioni della scelta di Oriolo (la viabilità, l’orografia e la presenza di aree boschive); il disegno politico-amministrativo di Giorgio III in relazione al tentativo di arginare l’espansionismo degli Orsini e finalizzato al consolidamento del potere familiare attraverso una serie di misure tese a garantire la successione e a definire l’organizzazione della Comunità, portate avanti con nuovi strumenti da Onofrio III; l’intreccio tra dinamiche di potere e familiari, confluite nel tragico matricidio compiuto dal debole Paolo Santacroce, istigato dal fratello Onofrio, con la ricostruzione della fuga del primo e del processo del secondo attraverso le testimonianze processuali di accusa e difesa e le fonti contemporanee negli anni – difficili per i Santacroce – del pontificato di Clemente VIII Aldobrandini. La struttura del capitolo dedicato alla famiglia Santacroce, organizzato per schede biografiche, consente al lettore di approfondire la conoscenza del singolo membro, anche in funzione degli interessi e della strategia di ampliamento del Palazzo come simbolo di un potere acquisito. Il tema del rapporto tra l’ascesa dei Santacroce e la rappresentazione del nuovo potere tramite le arti è oggetto della seconda trattazione del volume, a cura di S. Epp, la studiosa che negli anni Novanta diede alla luce il primo studio puntuale su Palazzo Altieri con il merito di aver posto le basi per future ricerche. Il lettore è condotto nella successione di interventi edilizi e decorativi suddivisi in fasi temporali, visibili attualmente nella stratificazione architettonica e pittorica della dimora, che hanno trasformato la primitiva «casa rurale», concepita con funzione agricola prima che abitativa, in «villa fortificata» con l’incarico di rinnovamento all’architetto Troiano Schiratti, e poi in “villa” delle delizie, conformemente a quanto accadeva nel territorio e persiste nei prestigiosi esempi della Tuscia (Villa Giustiniani a Bassano Romano, Villa Farnese a Caprarola e Villa Lante a Bagnaia).
L’analisi degli ambienti, discendente dalla lettura incrociata di inventari, documenti e repertori contemporanei come fonte d’ispirazione, permette all’autrice di sviluppare un ragionamento complesso sulle scelte del committente circa il programma decorativo, con approfondimenti sulla selezione dei testi a stampa, biblici e antichi, da cui sono stati attinti i motivi ornamentali e sul modus operandi degli artisti impegnati a Palazzo, malgrado a tutt’oggi sia difficile assegnare singoli brani pittorici ai pittori menzionati nelle fonti archivistiche, a volte sconosciuti. Diverso è il caso di Giovanni Baglione, con cui Onofrio ebbe relazioni umane e professionali strette, nome non a caso ricorrente in tutto il volume. La partecipazione del pittore caravaggesco all’interno nella bottega del maestro Francesco Morelli operante nel cantiere oriolese è stata definita dai recenti studi di M. Nicolaci. Alla luce delle testimonianze del procedimento Santacroce, egli avrebbe altresì lavorato alla decorazione della loggia costruita da Onofrio, il cui contributo potrà forse essere finalmente chiarito dal restauro in corso, aggiungendo così un nuovo importante tassello alla storia del Palazzo nell’epoca Santacroce, delineata approfonditamente nel presente libro.