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TRAME DI COMUNITÀ ORDITI DI TESSUTO
Religione e Società a Oriolo Romano durante il periodo Santacroce
dai racconti dei primi habbitanti de Loriolo

Brunella Bassetti


Introduzione

L’intento di questa pubblicazione, la cui genesi risale al lockdown del 2020, è quello di favorire la riscoperta di antiche radici e atavici legami con i nostri numerosi antenati - padri fondatori e madri fondatrici - che diedero vita ad un vero e proprio gioiello rinascimentale di cui tutti noi ci sentiamo, ancora, parte.
Oggetto del nostro studio sono una considerevole quantità di documenti contenuti nel primo Registro parrocchiale della Chiesa di San Giorgio martire di Oriolo Romano, unitamente ad altri manoscritti o registri conservati presso l’Archivio storico comunale. Il manoscritto principale offre numerosi spunti di ricerca per cultori della storia locale e delle zone limitrofe oltre a costituire una fonte preziosa per gli storici della lingua.
La scelta di considerare soltanto i documenti compresi in un arco di tempo relativamente breve (dal 1571 – anno della prima registrazione di un sacramento, nella fattispecie tre matrimoni – al 1604, anno della decapitazione di Onofrio Santacroce) si è resa necessaria al fine di radiografare dettagliatamente li habbitanti e le dinamiche interne ed esterne (sociali, economiche, culturali, artistiche, demografiche, ecc.) relative alla primitiva vita del borgo attraverso lo studio di tutte le trascrizioni dei matrimoni, dei battesimi, delle cresime e dei decessi durante il periodo Santacroce. Scopriamo così – attraverso i libri del vivere e del morire – lo spaccato di un paese movimentato dove la vita scorre tra gioie e dolori e nel quale il raggio di azione degli interessi del borgo si affaccia e si intreccia con la grande storia di quel periodo.
Tuttavia, alcuni documenti – seriori rispetto alla trascrizione e catalogazione principale – sono stati trascritti e/o considerati perché contenenti curiosità o personaggi degni di nota: come, per esempio, la principessa Camilla Orsini Borghese morta in odor di santità e, considerata tutt’oggi, venerabile; la principessa Ortensia Santacroce Borghese una delle più raffinate donne mecenate dei primi anni del 1600 o il famoso compositore, Cesare Zoilo. Per quanto riguarda i riferimenti storici troviamo citato il Giubileo straordinario indetto dal Pontefice Paolo V.
Oltre a ciò si possono desumere tante altre piccole informazioni legate al Castello de Loriolo come: il primo morto sul lavoro, un tal Antonino de Lazzarino de Val de Tara cavasassi che cascandoli uno sasso addosso morse; i primi coppioni oriolesi, Giovanni e Silia battezzati il 22 febbraio 1579 e figli de Pierangnolo de Giovanni da Monte Sassano et de Margarita sua moglie; il primo bambino che il 3 novembre 1586 fu nomato con lo stesso nome del fondatore; il primo battesimo o il primo decesso avvenuti in casa; le varie cause di morte; i numerosi soprannomi della primitiva ed eterogenea comunità oriolese; i vari tipi di sepoltura; i paesi di origine e/o di provenienza (circa 200) delle varie maestranze che giungevano a Loriolo così come alcuni dati specifici legati allo studio della demografia storica. Per esempio, nel periodo in questione, furono celebrati 345 matrimoni mentre i battesimi furono 1093 contro 1045 decessi.
Lo studio e la trascrizione completa dei registri parrocchiali ha quasi sempre trovato un interesse limitato da parte degli studiosi; generalmente, vengono consultati per ricerche genealogiche delle famiglie o di intere generazioni o per studiare i vari indici (mortalità, natalità, ecc.) legati alla demografia storica. Se da una parte è vero tutto ciò – infatti, ad una prima lettura ci si trova di fronte a sfilze di nomi e di date – tuttavia, quando si passa alla trascrizione vera e propria e, quindi, ad una lettura più attenta non è affatto raro trovare riferimenti che, nell’insieme, ci parlano di un passato che può dialogare ancora con il presente.
Loriolo: una comunità composita, varia, accogliente fin dall’inizio dove, accanto ad una economia contadina e rurale, conviveva una piccola corte rinascimentale attenta e interessata all’arte, alla musica, alla pittura. Anibale de Stephani, depentore dignissimo da Verona, era presente a Loriolo nel 1585; nel 1591 erano presenti Mastro Camillo pittore bolognese e Giuliano Capranica pittore romanesco così come scopriamo, per esempio, chi era il giardiniero dell’Illustrissimo Signore.
Numerosi sono anche i viandanti, i pellegrini, i predicatori che attraverso la via Clodia – variante meno percorsa della più famosa via Francigena – giungevano e sostavano nella Villa de Loriolo. Il 4 dicembre 1590 fu seppellito nel cimiterio, un certo Bernardino in gnoto, de giusta statura, barba castagnaccia et aveva una mantellina da pelegrino de panno grosso bigio, morse qui a Loriolo. La descrizione – minuziosa nei particolari - di questo turista ante-litteram della via Clodia ricorda molto la statua di San Rocco ancora presente nell’omonima chiesa.
Dai primi capannari al Castello de Loriolo il passo è stato breve: un’impronta indelebile e significativa che i Santacroce hanno lasciato come eredità e come monumento (l’intero paese) per le generazioni future.
Affronteremo, altresì, in forma molto succinta (riservandoci di dedicare un secondo volume all’analisi linguistica dei vari documenti trascritti e studiati) la vexata quaestio della toscanizzazione del romanesco: alla comprensione – cioè – di uno dei periodi più discussi delle vicende linguistiche romane. Effettivamente nodale, per la sua rilevanza e il suo carattere paradigmatico, anche per l’intera storia linguistica italiana. La lingua parlata e scritta, non è soltanto grammatica: è anche identità! È un bene che una comunità – piccola o grande che sia – dovrebbe sentire come proprio: un mezzo imprescindibile per esprimersi, comprendere sé stessi, la propria storia e gli altri. Ecco perché è fondamentale salvare, preservare, tramandare un idioma anche se compreso da un gruppo ristretto di parlanti.
Loriolo, al netto di tutte le considerazioni, si può considerare un vero e proprio laboratorio rinascimentale: per l’illuminato assetto urbanistico, per le regole di convivenza civile che favorirono l’integrazione umana e sociale e – non ultimo – un laboratorio linguistico (finora quasi mai studiato) dove possiamo osservare nettamente l’interferenza tra l’elemento toscano e umbro e l’elemento romano.
Tra realtà (elaborando ed utilizzando i numerosi dati e informazioni estrapolate dal registro parrocchiale) e fantasia, la Gismonda – la prima centenaria oriolana – e altri habbitanti de Loriolo ci accompagneranno in questo tour virtuale databile nella primavera dell’anno 1602. In questo nuovo e rinnovato percorso del territorio, della lingua, degli usi e costumi, della devozione ma – soprattutto – facendoci conoscere più da vicino e dando, quindi, un volto alle tante persone che hanno fatto la «Storia» di un sogno utopistico, moderno e razionale diventato realtà.
Queste sono le persone, questi sono i luoghi della nostra storia: testimonianze concrete, spazi di un passato, vicende della vita sociale e comunitaria dei padri fondatori e delle madri fondatrici, dei primi abitanti di Oriolo. Presenze silenziose e pazienti – sotto gli occhi di tutti – attendono che qualcuno si ricordi di loro, li vada a interrogare, a riscoprire, li faccia parlare e li promuova. Abbiamo bisogno di considerare il territorio come una comunità: cioè una rete indistricabile e connessa di relazioni e interdipendenze. Abbiamo bisogno di considerare il territorio come un racconto collettivo per ridisegnare, riscrivere, riudire i nostri borghi e tentare di costruire nuove mappe relazionali dentro e fuori di noi.
I piccoli borghi come motore dell’immaginario: capaci di generare narrazioni e mettere in moto ricordi, emozioni, suggestioni, sorprese per ritornare ad abitare, a fruire i nostri luoghi e il nostro tempo con sempre maggiore consapevolezza generando nuove possibilità di comprensione della storia, dell’urbanistica, del territorio naturale. Una storia studiata da un’altra prospettiva e scoprirla composta da tante microstorie più vicine a noi. Le carte manoscritte, le scritture originali dei parroci ancora dopo secoli dimostrano di non essere affatto morte e che, appena sfiorate, trasmettono con un guizzo la quotidianità di quando furono concepite.
Per concludere, una piccola curiosità. Questi studi sono un po’ la naturale continuazione della mia tesi di laurea avente per oggetto la trascrizione, l’edizione critica e l’analisi linguistica di un manoscritto della prima metà del secolo XV contenente ricevute in volgare romanesco a favore del nobile romano Battista Frangipane e di sua moglie, Faustina Bastardelli. Gli stessi che, nel corso degli anni, ebbero rapporti d’affari anche con quell’Andrea Santacroce che per primo creò l’ideologia familiare collegata all’antica «Gens Valeria» divenendo di fatto il caput familiae dell’intero gruppo parentale futuro. Colui che diede la discendenza nobile alla sua famiglia, il capostipite dal quale discende anche il nostro Giorgio (nello specifico era il fratello del suo sbinonno), il nostro illuminato padre fondatore che, secondo l’uso dell’epoca che ritroviamo nelle varie registrazioni dei documenti, così potremmo – anche – definire: Giorgio de Onofrio de Giorgio de Paolo fratello de Andrea de li Sancta Croce.
Si spengono le luci, il sipario si apre e la Storia prende la scena …