Presentazione
Emanuele Rallo (Sindaco di Oriolo Romano)
Chiunque abiti o abbia vissuto a Oriolo è consapevole, con orgoglio tramandato e trasmesso di famiglia in famiglia, delle caratteristiche estremamente particolari, quasi uniche, relative alla fondazione del borgo e al ruolo che il fondatore, Giorgio Santacroce, ebbe nella nascita e nella ideazione del primo nucleo urbano, corrispondente all’attuale Poggio, insieme con la costruzione del Palazzo, della Chiesa, della Fontana Vecchia e della Mola: tutto ciò che era indispensabile per trasformare un’intuizione in una comunità reale, fu pianificato e avviato dalla lungimiranza della famiglia Santacroce.
Allo stesso modo, chiunque abiti o abbia vissuto a Oriolo sa che con l’avvento della famiglia Altieri, nella seconda metà del ‘600, il nostro borgo visse un secondo momento di incredibile fervore, che portò all’ampliamento del Palazzo, a una nuova strutturazione della Villa, alla sistematizzazione delle Olmate, alla costruzione del Convento, all’apertura della Scuola delle Maestre Pie Venerini.
Il rapporto di Oriolo con gli Altieri attraversò i secoli, esaurendosi soltanto nel 1970, e è intriso nei racconti e nelle memorie di una larga parte della comunità, che ancora oggi sa ricordare con sguardo fresco la vita al tempo dei nobili; e anche quando la distanza offusca la vista, le fonti e le testimonianze non mancano. Dipingere il quadro delle trasformazioni che Oriolo visse nei tre secoli di dominio Altieri è un’attività cui ci siamo sempre dedicati, con risultati importanti e di valore.
Invece, al di là del momento della fondazione e del momento della rovina della famiglia Santacroce, cosa fosse la comunità – intesa come popolazione – di Oriolo nei suoi primi 40 anni di esistenza resta un qualcosa di più nebuloso. Quasi mitico. Questo primo nucleo di oriolesi ante litteram arrivati a costruire un nuovo borgo sull’antica Via Clodia lasciando così chi Parrano, chi Ficulle, chi Orvieto, chi Gubbio, sono entrati nel nostro immaginario in maniera ideale, come se una volta siglato il contratto con il signore Oriolo fosse fatta. Ovviamente non è così, non poteva essere così, e il merito di Brunella – che con metodo da storica di valore ricerca nelle fonti più antiche tutti gli indizi necessari per costruire un quadro veritiero – è di far emergere la complessità di un’epoca lontana e la fatica che fu necessaria perché la prima comunità divenisse tale.
Le storie sono materiale esplosivo, che va disseppellito con attenzione e sguardo curioso. E con un’infinita delicatezza, Brunella restituisce alle prime decine di oriolesi una realtà incarnata, fatta di grandi cambiamenti, di lavoro e di quotidianità. Ma non attardiamoci oltre, la Gismonda è ansiosa di raccontare! |