Presentazione
Don Giiorgio Pollegioni (Parroco di Oriolo Romano)
Le tante opportunità che offre l’intrecciarsi dei fili della trama e dell’ordito sul telaio hanno creato nell’immaginario collettivo degli antichi l’idea che la tessitura si identificasse con i percorsi di vita individuali e collettivi.
Da questa identificazione sono scaturite numerose metafore come «tessere una relazione», «intrecciare una conversazione», «ordire una congiura», «dipanare la matassa». Ma ci sono ancora altre metafore, più legate alla nostra attività riflessiva e discorsiva, come «i pensieri aggrovigliati», «il filo del discorso», «tirare le fila», «spezzare il filo del ragionamento», «intrecciare le fila di un racconto», «tessere una storia».
Possiamo, quindi, affermare che il discorrere umano, il suo raccontarsi è permeato dalla metafora tessile. In altre parole, la metafora tessile ci permette di raffigurare l’indole dinamica della nostra vita che cerca la sua unità tessendo un racconto.
Anche Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ci dice che: L’uomo è un essere narrante perché è un essere in divenire, che si scopre e si arricchisce nelle trame dei suoi giorni (cfr. Messaggio di Papa Francesco del 24 gennaio 2020, Memoria di San Francesco di Sales).
Su questa linea si muove il lavoro, lo studio, il recupero della memoria della storia di Oriolo Romano cui si è dedicata Brunella Bassetti. Un periodo, quello che racconta nella sua ricerca, che tendenzialmente mettiamo in secondo piano rispetto alla fase d’oro della presenza della famiglia Altieri.
Tessere richiama una dimensione silenziosa e nascosta di pazienza, di premura, di delicatezza, di attenzione, di abilità. E il metodo usato da Brunella nel raccontare la nostra storia è del tutto particolare: fa vivere i personaggi che racconta e che sono emersi dagli archivi che ha potuto consultare.
Non è lo storico che coinvolge nella lettura, ma sono i personaggi raccontati che, con particolare capacità e finezza coinvolgono il lettore immergendolo nella storia vissuta.
Dall’intreccio delle storie raccontate traspare evidente che della metafora tessile non possiamo fare a meno. Ci insegnano, ciascuno a modo suo, come farle fruttificare e ci invitano, seppure indirettamente, ad avvalercene anche noi.
Oggi i territori sono abitati da culture diverse. Ci sono le culture dei recinti, della difesa di sé, della paura dell’altro, del rancore. Ci sono le culture della solidarietà, della fiducia, dell’apertura agli altri, dei beni comuni.
Credo che l’intenzione dell’autrice sia quello di farci capire che attraverso le azioni che mettiamo in atto nei territori possiamo generare una certa cultura nella comunità, o meglio una cultura di comunità.
Un particolare ringraziamento a Brunella che si è prestata a questa esperienza con competenza e vivacità.
A noi il compito di coltivare la memoria della nostra storia. |