Presentazione
Federica Zalabra (Direttore di Palazzo Altieri)
Una comunità di eredità è costituita da un insieme di persone
che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale
e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica,
sostenerli e trasmetterli alle generazioni future.
Convenzione di Faro, art. 2
La visione urbanistica di Giorgio Santacroce a Oriolo Romano assegnava al Palazzo un ruolo – perspicuo e complesso allo stesso momento – di centro focale e limite, baluardo di difesa e raffinata dimora. Dal Palazzo partivano le tre strade che ancora oggi innervano il centro del borgo e in senso inverso il borgo trovava nella casa del signore la sua perfetta quinta scenica.
Fin dai tempi della sua costruzione Palazzo Santacroce-Altieri sottolinea per sé un ruolo centrale percepito ancora oggi dal visitatore che qui, nella piazza antistante, ricompone idealmente la topografia cinquecentesca di Oriolo e comprende in maniera chiara l’idea del fondatore.
Nel XVI secolo l’importanza del Palazzo, che si manifesta visivamente attraverso gli aspetti architettonici e artistici, è anche sinonimo di centralità sociale ed economica, luogo di riferimento della comunità che Giorgio sta costruendo. Quest’ultima, nel tempo e in rivoli diversi, allargherà il proprio orizzonte assommando al primo nucleo altre porzioni di territorio, mantenendo sempre vivo quel filo rosso, orgogliosamente mai reciso che la tiene stretta al “suo” Palazzo.
Questa preminenza del Palazzo la si ritrova puntualmente nelle carte dell’Archivio comunale. Appare chiaro che qui per secoli non verrà solo amministrata la terra dei Santacroce e degli Altieri, ma questo sarà il luogo dove la collettività si ritroverà in tutti quegli aspetti sociali che la qualificano come tale.
Il contributo di Brunella Bassetti aiuta a comprendere la complessità e la stratificazione della società oriolese del XVI secolo nel suo divenire: ogni nome, ogni storia, ogni registrazione desunta dal I libro parrocchiale è la chiave per comprenderne la vita.
L’autrice, con artificio romanzesco, ci fa sentire le voci di quanti ci precedettero, il rumore degli artigiani nelle botteghe, il suono delle celebrazioni religiose, il respiro dei primi abitanti. Nello scavo operato nei documenti esaminati, la storia di Oriolo Romano – la nostra storia – prende maggiore forma, a volte allontanandosi dal Palazzo, spesso ritornando ad esso.
La lettura delle carte e questo originale lavoro di Brunella Bassetti ci spingono, quindi, a procedere nella direzione che abbiamo intrapreso, quella che vede il Palazzo, oggi museo dello Stato, interprete della vita culturale della comunità di riferimento, “casa della cultura” di Oriolo Romano. Non è, si badi bene, autoreferenzialità, ma la piena consapevolezza che tale immenso patrimonio, se investito dall’attribuzione di valore da parte di chi vive il territorio, possa essere una preziosa risorsa ereditata dal passato, ma fondamentale nel processo culturale futuro.
L’esortazione è quella di far in modo che la conoscenza, così come avviene in questo libro, sia sempre più percepita come conquista di valori fondanti della nostra comunità per far sì che, come recita la Convenzione di Faro, all’eredità culturale sia dato un ruolo “nella costruzione di una società pacifica e democratica, nei processi di sviluppo sostenibile e nella promozione della diversità culturale”.
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