I Gambara di Brescia hanno svolto un'azione politica di rilievo in varie zone del territorio italiano ma riguardo a una testimonianza straordinaria della loro presenza, Villa Lante a Bagnaia, capolavoro del Cinquecento e del Seicento in terra viterbese, non sono ancora emersi i documenti contabili del suo principale committente, il cardinale Giovanni Francesco Gambara, grande inquisitore, parente del cardinale Alessandro Farnese e del cardinale Carlo Borromeo. Le ricerche condotte finora avevano consentito di ricostruire solo alcuni dati della fabbrica, avanzando ipotesi interpretative sulla base di poche lettere rinvenute nell'Archivio di Stato di Parma, nell'epistolario Borromeo e in altre sedi.
Quanto sia invece necessario far dialogare tra di loro i dati risulta evidente, ad esempio, dal confronto tra due lettere: quella scritta da Carlo Borromeo al Gambara il 30 gennaio 1580, conservata nella Biblioteca Ambrosiana, e la risposta del Gambara (27 febbraio 1580), custodita egualmente nella Biblioteca Ambrosiana, finora inedita. Nella prima, Borromeo rimprovera Gambara per la spesa eccessiva e per la mancanza di strutture assistenziali per i profughi cattolici tedeschi nel barco della villa. La lettera è stata ritenuta il motivo principale dell'interruzione del completamento della villa da parte di Gambara, il quale, nella risposta, conferma di aver speso troppo ma rimprovera all'interlocutore di non essere venuto in villa sei anni prima, quando i lavori erano ancora allo stadio iniziale, lasciando intendere la diversità del suo percorso individuale rispetto alle aspettative del grande milanese.
Questo esempio mostra quanto sarebbe auspicabile mettere in rete (in senso proprio e metaforico), attraverso la tecnologia informatica, tutti i dati documentari rinvenuti nelle varie sedi, così da ricostituire virtualmente, in relazione al progredire degli studi, gran parte dell'intero Archivio Gambara.
Di notevole importanza sono anche la ricostruzione del periodo storico e delle vicende di Gambara nel momento in cui è progettata ed avviata la costruzione della villa (1568), nonché l'individuazione dello stretto rapporto con lo stesso Borromeo, che consente di aprire notevoli squarci su posizioni, idee, sentimenti di un altissimo prelato, rappresentativi di umori diffusi ai più significativi livelli della gerarchia ecclesiastica. Borromeo è preoccupato per l'imponente compito di contrastare l'eresia ampiamente diffusa e per la necessità di procacciare il necessario sostegno alla Chiesa. Egli condivide col Gambara la consapevolezza che «paressimo da temere assai se non fossimo appoggiati a quella fermissima pietra, contra la quale non prevaleranno le porte dell'Inferno».
Se questo è il pensiero dominante, si capisce meglio quanto la villa di Bagnaia debba, nel progetto del Gambara, costituire un manifesto del ruolo della Chiesa in quel preciso momento storico: la Gerusalemme celeste è richiamata puntualmente nella fontana centrale del giardino inferiore. Tutta la composizione ricostruisce il percorso di salvazione che un fedele cattolico deve compiere, fino all'effusione del sangue, cui allude la composizione del giardino più basso in forma di graticola. Quest'ultima è un elemento diffuso anche sui manufatti e nelle pitture e si richiama lo strumento di martirio di San Lorenzo, santo cui Gambara è particolarmente devoto, che è anche strumento di penitenza. L'individuazione di questi significati attraverso la lettura, rilettura e comparazione di diverse fonti documentali, ha condotto alla ricostruzione organica del complesso programma iconografico delle pitture del Casino Gambara e degli arredi del giardino, assimilabile a quello gesuitico di San Vitale.
La villa è completata agli inizi del Seicento dal cardinale Alessandro Peretti Montalto: l'analisi della documentazione familiare esistente presso l'Archivio Storico Capitolino e il confronto con gli atti della Camera Apostolica conservati presso l'Archivio di Stato di Roma consentono una nuova attribuzione del secondo Casino della villa a Carlo Lambardo e un esame coerente delle vicende costruttive e decorative, nonché l'interpretazione del nuovo ciclo pittorico, che coniuga la ricerca della virtù religiosamente intesa con l'individuazione dei nuovi compiti culturali e politici di un cardinale della Controriforma, come il colto e raffinato Montalto.
Il volume offre quindi il valido esempio di una metodologia avanzata di ricerca, da applicare anche ad altri campi d'indagine, basata sul riconoscimento, la valorizzazione e lo studio integrato delle fonti archivistiche, ricercate e reperite all'interno dei grandi tesori custoditi negli Archivi Statali e presenti nei patrimoni degli Archivi territoriali pubblici e privati. Nella logica della messa in rete e dell'interconnessione delle fonti e delle competenze disciplinari, l'archivio si offre all'intelligenza del ricercatore come uno strumento indispensabile anche per ricostruire, come nel caso di Villa Lante a Bagnaia, ideologie, programmi politici, visioni culturali che sottendono l'edificazione di capolavori quali le ville storiche italiane.
--------------------------------------------------------------------------Luciano Scala
----------------------------------------------------------------------------Direttore Generale per gli Archivi
------------------------------------------------------------------------Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Ogni nuovo libro di Carla Benocci è il risultato di una tenace ricerca i cui risultati sono presentati con serietà accademica e appassionante comunicazione così da rendere il lettore partecipe di un'avventura intellettuale, della ricostruzione di un pezzo di storia e d'arte, condotta rigorosamente sulle fonti d'archivio.
Si tratti di una villa o di un palazzo o di un quartiere, l'Autrice riannoda con mano sicura il filo storico, ricostruisce le vicende, ripercorre le trasformazioni, e interpreta in modo corretto ed esauriente i significati e i simboli dei vari interventi.
Non si contano più le tante monografie che l'Autrice ha dedicato alle ville storiche romane, di cui, come funzionario storico dell'arte della Sovraintendenza del Comune, cura istituzionalmente lo studio e le attività di tutela e di valorizzazione: Villa Doria Pamphilj, Villa Celimontana, Villa Aldobrandini, Villa Bonelli,Villa Lazzaroni, Villa York, Villa Carpegna, Villa Abamelek, Villa Piccolomini, Villa Mattei, Villa Sciarra, Villa Spada, Villa Vaini, Villa Il Vascello. E poi i volumi sui rioni di Roma Sant'Angelo e Campo Marzio, o dedicati a singoli paesi, come Santa Fiora, gli studi specifici rivolti ai musei ed alle collezioni artistiche, ai palazzi gentilizi ed alle residenze diplomatiche, a personaggi famosi (Paolo Giordano Orsini nei ritratti di Bernini, Boselli, Leoni e Kornmann), ai ritratti di dame del Seicento e del Settecento nelle residenze feudali del Lazio, ad alcune grandi personalità di architetti ed artisti, all'ambiente ed al collezionismo artistico delle grandi famiglie romane, ed infine i saggi dedicati al paesaggio, alla natura, ai parchi, ai giardini, come quello sui I giardini Chigi tra Siena e Roma : dal Cinquecento agli inizi dell'Ottocento.
In quest'ultima tematica, quella dell'ambiente naturale ridisegnato e ricreato dall'uomo, con una progettualità dettata spesso da una committenza colta e finalizzata a precisi propositi culturali e di comunicazione, rientra anche il presente lavoro sulla Villa Lante a Bagnaia tra Cinquecento e Seicento.
Come Soprintendente archivistico saluto con grande soddisfazione questa ricerca, che utilizza un ampio ventaglio di fonti documentarie conservate sia negli archivi del Lazio che in vari altri archivi in Italia e all'estero.
Quest'opera presenta una nuova chiave interpretativa dell'importante complesso, basata sulle notizie tratte dall'epistolario del primo committente, il cardinale Giovanni Francesco Gambara, nell'Archivio di Stato di Brescia, e dalla trascrizione completa, con conseguente analisi sistematica, dei documenti relativi al secondo grande personaggio attivo nella villa, il cardinale Alessandro Peretti Montalto, conservati presso l'Archivio Storico Capitolino.
Grazie a queste nuove indagini, è possibile finalmente cogliere il pieno significato religioso, culturale e politico della villa, da intendere come vero e proprio manifesto della Chiesa cattolica e del suo ruolo tra la seconda metà del Cinquecento ed i primi decenni del Seicento.
Il confronto con i dati già noti conferma non solo la complementarietà della documentazione conservata nei vari archivi del Lazio, ma anche la necessità di ampliare l'indagine ad una serie di archivi presenti sul territorio nazionale, in quanto l'Archivio Gambara è andato disperso in diverse sedi, nonostante l'importanza della famiglia su tutto il territorio italiano. In particolare solo l'analisi della documentazione dei vari rami della famiglia Gambara presso l'Archivio di Stato di Brescia e dell'epistolario Borromeo presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano poteva condurre ad una visione unitaria e coerente nella conoscenza della villa, integrando le ricerche finora condotte.
Infine la dedica del volume mi invita a ricordare il comune amico e maestro Enrico Guidoni, la cui lezione è presente nella sua “scuola”, tenuta viva, oltre che nell'università, dall'associazione Centro Studi per la Storia della Città, che con Enrico Guidoni e Carla Benocci fondammo nel 1986, ed il cui Comitato Scientifico Culturale comprende tuttora i principali esponenti della disciplina in Italia, tenendo uniti oltre cento studiosi, fra cui tanti giovani che si riconoscono nel progetto culturale e nel modello del caposcuola e ideatore.
---------------------------------------------------------------------------Donato Tamblé
---------------------------------------------------------------------------Soprintendente Archivistico per il Lazio