Sabato 24 aprile dalle ore 21
Capranica
Enoteca di Cristian
Giulio Laurenti
dire & disdire
Decima pubblicazione della collana di poesia Istantanee. Per l'occasione la copertina è stata stampata, dalla Tipografia S. Pellico (fondata nel 1697), con gli antichi caratteri mobili e completata con l’impressione a colori di un carattere in legno. È un omaggio a Bruno Munari.
Così Antonio Veneziani nel presentare Giulio Laurenti:
Giulio Laurenti è un poeta che da vero ladro di emozioni, dice e disdice, afferma e nega, costruisce per subito disfare. Un po’ surrealista e un po’ intimista, un po’ lirico e un po’ filosofico, un po’ onesto e un po’ baro, insomma un grumo di sogni, parola di Giuseppe Ungaretti.
Vorrei dormire
con la testa rivolta al futuro
su di un guanciale di speranze
e non di notti insonni
È evidente che non vuole, o meglio non vorrebbe, in un mondo così impoetico e volgare, parlare di poesia e tanto meno scriverne, ma l’urgenza si fa ferita, l’ansia allarga le crepe del vivere e del morire e le parole si depositano sulla pagina, narrando il dritto e il rovescio della vita, sottolineandone brutture e bellezze.
Mio padre, generoso
perduto da dieci anni
nelle nebbie dell’Alzheimer
mi ha svelato il segreto
del privilegio del suo stato
eravamo in bagno
e lui si è incamminato
con naturalezza genuina
verso lo specchio sul lavabo
usciamo di là, ha detto
e se non l’avessi fermato
un po’ divertito dell'accaduto
ora son certo che lui
oltre lo specchio
mi avrebbe portato
La prosasticità poetica di Laurenti non adombra, semmai da maggior risalto al dono lirico che sfocia in vere e proprie illuminazioni zen, o in aforismi sapienziali che all’inizio spiazzano il lettore diventando via via che si avanza nella lettura uno stile ben riconoscibile.
Certo l’autore ha letto e interiorizzato: Raymond Quenau, Djuna Barnes e Alejandra Pizarnik, ma anche tutta la zona aforismatica con in testa Karl Kraus e soprattutto Ennio Flaiano:
Neppure Dio è unico
il mio, il tuo, il suo
elencarli può essere un mestiere
il proprio Dio a volte
si chiama l’io
allora è urgente
diventar atei
almeno di se stessi
Giulio Laurenti vede la condizione umana, la fotografa, e da laico la inserisce nel tragico momento storico che stiamo vivendo ma è anche in grado di astrarsi e da vero “cinico” di affrontare le domande fondamentali dell’esistenza: da dove veniamo e dove andiamo. E fa tutto questo con una grazia comunicativa e, a volte, con una comicità luminosa e paradossale. La sua è una esaltazione del piccolo, del microcosmo dove l’essere umano è pari a qualsiasi altro essere vivente o oggetto, tanto da perdersi in loro:
Sono un caso perso
mi dico spesso
quindi cerco attentamente
tra gli oggetti smarriti
e lì mi perdo
Giulio Laurenti in dire e disdire, racconta favole crudeli e strampalate eppure assolutamente avvincenti. Da autentico anti-classico poeta d’amore, esplicita strane passioni, dai risvolti inaspettati e imprevedibili e in questo ricorda Augusto Monterroso:
Un cammello trovò
un ago in un pagliaio
fu amore a prima vista
e ignari delle leggi
sia divine che della fisica
sfidarono il buon senso
gobba e zampe allora
passarono dove nessuno
neppure lassù in paradiso
poteva certo immaginare
fosse mai possibile.
Commosso da tanto amore
Il Dio dei proverbi
fece un’eccezione
e accettando questa passione
volle ricordarne la forza
dotando il cammello
di una seconda gobba
e un nuovo nome
Nessuno pensi che il facitor di versi si astragga dalla quotidianità, la racconta eccome! Parte dai margini ma entra nel cuore dei problemi. Ovviamente affronta i nodi della vita, parla di sentimenti forti come amore, amicizia, odio… è un ateo convinto e si confronta e affronta, senza pregiudizi e senza inferiorità, l’essere supremo, l’insicuro Dio.
Ma da vero cantore del dire e disdire offre le sue risposte e le sue vie di fuga, sta al lettore seguirle o rifiutarle.
I versi di dire e disdire sono infatti carte di navigazione, occorre solo essere vogliosi di sorprese, occorre essere desiderosi di sogni e nuovi giochi, il poeta infatti è un bambino che scambia parole come fossero figurine. E la sua vera paura è quella che un giorno finiscano le parole, ma allora si faranno poesie con i numeri, con i colori, col profumo…, finalmente l’immagi-nazione al potere.
Dire e disdire che sembra, a prima vista, un libro algido invece stilla sangue e acqua pura e con potente musica di sottofondo spalma sulla pagina terra e cielo e scalda testa e pancia del lettore. |