Valentano, Cortile d'Amore - Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese
Sabato 3 luglio ore 17.00
QVI È CASTRO
di Ireneo Melaragni
sabato 3 luglio ore 17.00
QVI È CASTRO, racconto-lettura di Antonello Ricci
3 - 18 luglio 2010
Cortile d'Amore - Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese
Valentano (VT)
Orario museo:
da Mercoledì a Domenica 10.00-13.00 / 16.00-19.00 - Martedì 9.00-13.00- Lunedì CHIUSO
Per info e contatti:
ireneo.m52@gmail.com
Da qualche parte ho letto che un paesaggio una linea un gesto di colline possono addirittura salvare una persona, affidarle un messaggio prezioso.
Castro, ad esempio.
Nel 1532 Annibal Caro la vide risorta da bicocca di zingari a novella Cartagine (involontaria profezia di un'apocalisse: poco più di un secolo dopo, ai primi
dì del dicembre dell'Anno Domini 1649, un giro di buoi in senso antiorario sopra rovine fumanti, un pugno di sale e la stele feroce: QVI FV CASTRO)
Castro. La Città-Bosco.
Ma Ireneo Melaragni è un tipo testardo (tenero e testardo).
Ireneo è convinto che ogni paesaggio non sia altro che sedime, impasto di vite di ricordi di amori di saperi e di racconti e che perciò non può morire.
Perché la vita si ostina sempre a vivere. Sempre e comunque cerca le sue strade, insegue la luce. La vita è santa.
E un paesaggio non è che vita. Sempre viva, sempre presente.
Eredità consegnataci da chi ci ha preceduto. Da consegnare a chi ci avvicenderà in questo meraviglioso, straziante teatro sotto il cielo, dove ci ostiniamo a entrare, a uscire a entrare di nuovo di nuovo ancora e ancora, anche dopo morti. A dispetto di qualunque nuova forma del tempo, di qualunque strada dritta e senza fine, di qualunque progresso falso e scorsoio.
Tra il Marta e il Fiora. Muri come continenti misteriosi, perfetti e sfuggenti. Farnie e fronde vibratili, possenti pietre d'angolo. Selciati di piazza. Reperti e altri reperti. Un testamento infine (è quello di Ranuccio Farnese il Vecchio), che manda in eredità, insieme con infiniti beni materiali, un messaggio d'amore e di rispetto.
Così Ireneo ci spinge al viaggio, attraverso il bianco brulicante delle sue tele, bianco screziato e impreziosito da chicchi di sale da polvere di swarovski da lame dorate (cancellature antiche come reperti) da paesaggi che attraverso il bianco-tempo, attraverso e nonostante il bianco-sale, tornano al mondo.
Così Ireneo restituisce la Città-Bosco alla luce del presente alla gioia della vita. Così QVI E' CASTRO... (Antonello Ricci)
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