Era quasi Marzo, incontrai Peppe (Giuseppe Romagnoli, correlatore della tesi che mi apprestavo a scrivere) per concordare il programma di ricerca lungo il Fosso Roncone; insieme a lui c'era un professore/scrittore viterbese (Antonello Ricci), che conobbi in quell'occasione. Capii sin dall'inizio che sarebbe stata una esperienza unica, assimilabile più all'avventura della scoperta (seppur corroborata da ricerca e studio) che ad una piatta consultazione di documenti d'archivio.
Salimmo in macchina e Antonello travolse Peppe, me ed il mio collega Alessandro (Angelini, che si sarebbe occupato di Arcionello) con la sua passione per alcuni luoghi "cari" situati proprio nelle aree da indagare, guidando per le campagne viterbesi e indicandoci cave di peperino, mulini e canalizzazioni e mostrandoci tracce, paesaggi, suggestioni. Era quasi primavera, gradevolissima la temperatura. Ci fermammo nei pressi di una vecchia e caratteristica bettola lungo la Strada San Martinese, vicino allo “spartitoro”: proprio lì doveva esserci un mulino, ci diceva Antonello. In men che non si dica ci ritrovammo dentro, tutti e quattro seduti a un tavolaccio di legno a ragionare, seriamente per giunta (!), di opifici e insediamenti rupestri, parchi da valorizzare, leghe e corsi d'acqua, davanti ad un bicchierino di vino bianco.
Di quel giorno rimane il ricordo dell'odore acre di quel luogo, della passione che solo chi vive e ama la propria terra può trasmettere a uno studente “di passaggio”, della nascita di un entusiasmo per nuove sfide. Rapiti da un ancora sconosciuto patrimonio da scoprire, approfondire e valorizzare attraverso le nostre ricerche, io ed il mio collega iniziammo a darci da fare quel giorno stesso.
Non passò una settimana che Antonello ci richiamò tutti: doveva mostrarci un posto a detta sua affascinante. Ci rincontrammo. Ci condusse in un posto inaspettato: giunti alla tenuta, un viale importante accompagnò i nostri passi fino a una grotta, più avanti un colombaio rupestre, infine una torre. Ai suoi piedi, un giardino dimenticato: lì erba alta, edera e muschio a nascondere una, mille storie, tutte da scoprire. Un'oasi rinascimentale nata su una struttura fortificata medievale e impreziosita da un sistema idrico ancora leggibile, tre fontane monumentali, una lega per la raccolta dell'acqua e... cinque incredibili sculture che narrano di Ercole e delle sue imprese. Tutto ricavato direttamente dal peperino nel corso dei secoli, secondo i voleri delle importanti famiglie che qui hanno trovato dimora e refrigerio (Nini, Maidalchini, Gentili) riutilizzando un insediamento nato nel XIII secolo per scopi puramente difensivi.
Ha avuto così inizio la graduale riscoperta di un altro pezzo importante del patrimonio viterbese. Il complesso architettonico medievale e rinascimentale detto di “Donna Cornelia”, in località Ponte dell'Elce, ha ormai svelato i momenti importanti della sua storia, rimasti per secoli nascosti tra cabrei, documenti e testamenti negli archivi storici e nei catasti.
Marilisa Biscione
Assegnista di Ricerca CNR-IBAM
(Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali)
e Guida Turistica (Basilicata)