Prefazione
Emanuele Modigliani
Ho riletto i racconti di mio nonno Piero tutti d’un fiato in poche ore in questi giorni e ho ricavato delle impressioni forti. Colpisce più di tutto la semplicità, la purezza, direi il candore, dello stile. Come se il nonno avesse una sua formula di equilibrismo che lo mantiene senza fallo sull’orlo tra l’ingenuità e l’efficienza invece di un tono spontaneamente così sincero e pulito.
La scelta è quella di raccontare in forma lineare dei ricordi dei quali si capisce immediatamente l’autenticità e l’incisività, diciamo pure l’importanza. Questo approccio, tutt’altro che pretenzioso, conferisce al testo un’atmosfera calda e fiabesca: proprio come il racconto di un nonno ai propri discendenti.
I racconti sono pervasi da una forte nota nostalgica di cui il nonno è perfettamente consapevole. Stupisce come potesse ricordare eventi avvenuti nella sua primissima infanzia ed è davvero notevole il viaggio nel tempo che invita a fare al lettore in questa Roma addirittura ottocentesca, con una geografia urbana del tutto diversa, con strade percorse da carrozze. Il nonno descrive odori, rumori, atmosfere remote, perdute, eppure ancora potenti come eco negli anni. Si sofferma anche volentieri sugli usi del tempo, gli atteggiamenti.
Se tutto questo poteva risultare affascinante quando scrisse questi testi negli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso, figuriamoci come può risuonare suggestivo ad oggi, svariati ulteriori decenni dopo.
Emerge un amore smaccato, direi plateale, per Roma, la sua città. Gli appassionati riconosceranno luoghi, persone, usanze.
Su un livello personale, diciamo affettivo, riconosco il tono di voce del nonno che ho conosciuto da bambino. Azzardo un’interpretazione sulla sua personalità (immagino ci siano mille visioni e versioni del nonno e ci sarà chi l’ha conosciuto anche meglio di me, non me ne vogliate) come profondamente poetica.
Su un piano strettamente letterario questi testi si possono definire dei ricordi personali e di famiglia molto ben scritti. Notevole ovviamente anche il valore e l’interesse storico e culturale di ‘documenti’. I testi denotano infatti una spiccata lucidità storica: assistere ad uno dei primi esprimenti di volo nei primi del Novecento, il racconto indiretto ma potente della presa di Roma del 1870, i presagi delle persecuzioni razziali di cui poi il nonno e tutta la famiglia furono vittime e che sono registrati in modo diverso nel diario ‘I nazisti a Roma’. In questi racconti però non c’è ancora quel male, quel dolore, c’è l’aria rarefatta di primavere perdute, sognanti viaggi in treno con l’anima affranta, in amore per evanescenti fanciulle.
Sono grato al nonno che ha scritto questi bei racconti che arrivano fino a noi.
. |