MONTE FOGLIANO - Domenico Birelli
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Introduzione
di Elisabetta Ferracci


Il volume comincia con due “odi” al Monte Fogliano, e non potrebbe essere altrimenti.
Questo testo, raccontato e scritto da Domenico Birelli, è un vero e proprio atto d'amore per la sua terra, le sue origini e per questo monte al quale deve tutta la sua formazione giovanile. Un atto d'amore dovuto per tutto ciò che ha imparato e che ora, generosamente, condivide con noi lettori, guidandoci passo passo alla scoperta di un mondo ormai sconosciuto ai più – e non è retorica, è la realtà! - attraverso il fluire della memoria, a cinque anni dalla pubblicazione de “L'ultimo Casaccio”, toccante autobiografia in questa stessa collana.
Una guida vera e propria, con tanto di mappa per l'individuazione dei sentieri e delle località, ma “raccontata” come farebbe un nonno con i suoi nipotini, alternando le informazioni tecniche alle storie, vere o leggendarie, che circondano i luoghi descritti dettagliatamente.
E dal racconto emergono figure importanti, come padre Lino di Maria Bambina, rettore del monastero di S. Angelo dal 1951 al 1954, punto di riferimento per molti ragazzi di allora, o il grande Beniamino Gigli che cantò nella chiesa dell'Abbazia per festeggiare l'arrivo della luce elettrica (!), ed anche il meno celebre zio Antonio, “vecchio zitellone” che procacciava piccoli animali selvatici per la cena.
Allo stesso modo emergono scene di vita ormai inimmaginabili: il pascolo allo stato brado di branchi di vacche e maiali, la complicata caccia al piccione, le attività dei boscaioli, tagliatori e carbonai, i giochi semplici dei bambini all'ombra dei grandi alberi di faggio, cerro e castagno.
Due cose colpiscono più di tutte: lo strettissimo rapporto tra l'uomo e l'acqua, esplicato attraverso la cura quotidiana dei “troscioni” e dei condotti, spesso di antica origine, dei quali ciascuno si sentiva responsabile in quanto l'acqua è la vita stessa e non può essere sprecata (mai come ora è importante ricordarlo), ed il “sogno”, elemento ricorrente alla base delle numerose leggende che narrano di favolosi tesori nascosti nei segreti anfratti della selva.
E poiché sappiamo che tutte le leggende hanno un fondo di verità vale la pena di cercarli questi tesori, guidati dalle tracce lasciate dagli antichi abitatori di questo territorio, tracce che Domenico Birelli conosce e puntualmente individua: qua un avanzo di muro, là un cunicolo, più avanti un accumulo di laterizi e così via, lungo i sentieri e le strade tracciate dal passaggio degli uomini che per secoli hanno usato, più o meno coscientemente, il bosco come fonte per il loro sostentamento.
Lo stile usato è quello del racconto orale, della “narrazione” in senso letterale, volutamente non piegato all'uso corretto della lingua scritta ma lasciato alla sua naturalezza e spontaneità, perché qualunque interpolazione di questo testo, qualunque intervento editoriale avrebbe tolto fluidità allo scorrere dei ricordi.
Come anche sarebbe stata un'inutile interferenza la puntualizzazione storica delle situazioni descritte dall'autore con le, fin troppo usate, note a piè di pagina, che avrebbero influito negativamente sulla poeticità e sul ritmo del racconto, appesantendo la lettura che, invece, ci accompagna lentamente nella nostra passeggiata attraverso il bosco con lo stesso passo cadenzato dei nostri piedi.
Si è scelto, quindi, di aggiungere solamente una breve appendice storica al fine di chiarire quali sono stati gli eventi che hanno portato al possesso del Monte Fogliano da parte del popolo vetrallese, e che ne hanno per secoli così profondamente inciso la coscienza, affinché i fruitori e gli amministratori di oggi non dimentichino il loro debito nei confronti di questo bosco che tanto ha dato e tanto continuerà a dare.