MIMMY DEI BRIVIDI - Gabriella Belisario
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RECENSIONI


Questa scrittura di Gabriella Belisario si fa interprete di una favola della vita speciale; niente a che vedere con un luogo magico dal tempo sospeso stile “Uccellino azzurro” di Maeterlinck. In questa favola viene esposto il lato violento della vita, quel lato che non viene raccontato ma indotto, sussurrato, e che perciò ne costituisce il fascinoso segreto.

Un grande, tragico evento della vita dell’autrice viene elaborato nelle pagine del libro, ma in queste pagine l’evento si trasforma. La parola scritta, comunicazione del cuore, afflato della mente, si stacca dalla storia e lavora a costruire scenari, a descrivere momenti topici, a realizzare il graticcio su cui verrà messo ad essiccare il prodotto dell’operato dei protagonisti.

Si dipana una vicenda umana, con tutti i suoi momenti descritti con i tempi giusti e le conseguenze delle azioni, e i commenti a queste azioni, ma lo scenario che ne deriva fa pensare a certi momenti di Grandi Speranze di Dickens, lo scrittore che Manganelli indicò come uno scrittore “nero”. Manganelli infatti diceva di Dickens, in Letteratura come menzogna”…..le sue trame sono leggibili, leggibilissime; da inseguire con il fiato in gola:non meno poderose che temerarie”.

L’apparente semplicità di quello che viene raccontato viene prodotto da strati e strati di altri fatti intrecciati tra loro e sovrapposti. Infatti in tal modo procedono le vicende delle famiglie Baciucchi/ Belisario/ Barberini che si sovrappongono con il loro portato di memorie e di collusioni, di evidenze e si sottoespressi nel quotidiano borghese gestito con unghie laccate “rossogiungla”, come nell’indimenticabile romanzo di Clara Boote Luce, dalla matriarca Mimmy.

A fare da contrappunto a questo fiume in piena del ricordo espresso con mano felice e con piglio da racconto “diaristico”, appaiono piccoli quadri di vita vissuta, come fossero le copertine della Domenica del Corriere di Walter Molino, vere traduzioni della quotidianità che attraverso il disegno diventano tante stazioni di un percorso ora ironico, ora plateale, ora tragico nella sua evidenza come la scena dell’incendio o dell’incontro amoroso degli avi nelle cantine.

La scrittura della autrice porta a capire questo, che è la sua generosità di creatrice che dipinge tutti i personaggi, li porta sulla scena e li fa agire permettendoci di comprendere, in parte, come la vita tocchi tutte le famiglie ma in alcune esercita il bizzarro potere del grande affresco che traversa la storia e rimane testimonianza, con le sue immagini, con i suoi detti, con i suoi “lessici”,che ne impregnano la forma.

Il libro inganna, si presenta come un descrizione di fatti che potrebbe essere quasi un film documentario, ed è invece un autodafé dal sapore leopardiano, dal sapore dannunziano, dal sapore letterario di quella letteratura di quegli esseri camaleontici che vengono chiamati scrittori.

Patrizia Cimini 2012-11-13

 

“Mimmy dei Brividi” al tatto, ispira simpatia, anche se si pensa ad una storia di misteri. Il sottotitolo -Fritto misto col morto- fa pensare infatti ad una scena di un film noir, tipo Gosford Park di Robert Altman. Lo si legge con molta naturalezza nonostante il linguaggio sorprendente e ricercato, dai luoghi simbolo di una Roma vissuta ai personaggi romani che spesso vengono ricalcati nel mondo cinematografico. Scivola, con i suoi ricordi sulla punta della lingua come un qualcosa di tradizionale e antico. 
Alcuni nomi hanno un suono che rievoca leggende popolari, corrono sublimi riga dopo riga a riappropriarsi di vecchie glorie, di una romanità che diverte ed appassiona, che si impenna tra le nuove generazioni.
Via dei 3 Pupazzi, Piazzetta delle Vascarelle, Santa Maria In Traspontina, Mastro Titta, Scuderie de’ I Cenci, Piperno Pacifico, San Bartolomeo dei Vaccinari, Ponte del Soldo, Bar Pignotti, Dafne il pittore fotografo, La Caccetta, La Melluccia, Caffè Aragno. Suonano di romanticismo. Suonano di artistico.
Se poi ci immergiamo nella scrittura quello che di più mi ha entusiasmato sono le descrizioni istantanee di un momento, oltre a molti reperti fotografici, come quando Mimmy viene descritta attraverso un’immagine che la ritrae con la sigaretta in bocca -osè per i tempi- dice Gabriella, e poi aggiunge –sembra che fosse la prima nel suo quartiere a portare le calze velate di seta- lasciandoci intendere altri particolari insiti nell’immagine.
O come quando scrive che Mimmy portava sempre con sé in valigia una cornice d’argento satinata, la foto di suo marito Romolo, occhi celesti, lineamenti regolari, tempia alta appena imbiancata, aria dandy, anni 30, i capelli chiari; e poi nel descriverlo in un’altra fotografia, sparsa in un album, dice “elegante con calzettoni a scacchi, pantaloni alla zuava, maglione a V, a coste inglesi e basco, di panno bianco. Il bastone. Che passeggia ricurvo.
Per dire di quanto una fotografia aiuti la scrittura a rimanere fedeli allo stile, al comportamento, ai colori intorno ad un epoca, al cambiare di questa. 
Gabriella ad un certo momento, durante un passaggio importante del libro che parla del “Tour delle Tombe, con Delitto”, cita Franz Capa. Non agguanta, così, un fotografo qualunque, cita un autore del dramma umano, un autore che fa vibrare di sentimenti le sue opere. 
Oltre ai suoni della Roma sparita, alle fotografie sparpagliate nel libro come fossero stelle brillanti e animate, Gabriella non si risparmia, in molte pagine descrive i fatti, le persone toccando gli stessi cardini della fotografia, tipo le linee, la composizione, il bianco e nero alternato al colore, la profondità di campo. Ovviamente in forma letteraria.
Tra i tanti passaggi belli e seducenti, tipo i libroni di Rorò Barberini, uno sciupato ed uno perfetto e intonso; tipo il cappotto di cammello con il bavero rialzato che ricorda Marlon Brando; tipo il tabarro a ruota libera o le limonate piene di paura da Pignotti che le ricordano il periodo fascista; tipo la sensazione su ponte del soldo che, cito lei -sembrava di andare giù, tutto oscillava e sotto il Tevere correva brumoso e invernale-; tipo la Taverna del Leone dove si dice si bestemmiava, tipo Via po’ a casa di Assuntina e il goccetto di mistrà. Tutte scene da polaroyd, veloci e perfette, lucide ed essenziali.
Tra i tanti passaggi, appunto, me ne piace uno in maniera assoluta, quando Gabriella descrive una delle due amiche storiche di Mimmy, La Signora Peppina. Dice –La signora Peppina era abbondante, inforcava i ferri da sotto le ascelle e si appoggiava su un balcone burroso e tremolante di sisone- e l’ho vista subito questa composizione, i ferri, il gomitolo di lana rossa, la signorona artisticamente romana, sullo sfondo non il solito camino, ma il riferimento al balcone di sisone, me l’ha fatta immaginare mentre sferruzza su uno di questi terrazzini che si affacciano verso un cortile interno di palazzine, con le mutandone stese ad asciugare su fili improvvisati. 
Così! Fantasticando attraverso le sue parole, perché in fondo qualsiasi forma di arte, dalla scrittura alla fotografia, è il vissuto di qualcuno che l’ha voluta raccontare, ma è più di tutto nell’ interpretazione di chi la legge. 
Detto questo, un giorno mi è capitato di conoscere Gabriella Belisario, una donna dall’aspetto affabile, la voce grande che ti accoglie, ti riempie, e quando, parlando del libro mi ha detto –Mi piacerebbe fare un Mimmy Tour, fotografico, sai, andare in giro per i luoghi di Mimmy, a Borgo, in Prati, cercarne l’essenza, i passi, le atmosfere di un tempo- io ho sentito un profondo rispetto per lei. Ne ho immaginato i contorni, seppure è un vulcano, l’esuberanza che la contraddistingue, ed ho subito compreso che si trattava di una sfida, non soltanto con una città cambiata, andarne a ricercare i pezzi che in essa sopravvivono, ma una sfida con la sua infanzia. 
Così le ho chiesto di presentare il suo libro in questo luogo, con questo sipario intorno, di immagini che raffigurano la stessa epoca di Mimmy, che in tutta la loro semplicità tentano di recuperare, riscoprire, apprezzare il passato, seppure il libro di Gabriella non è come si potrebbe pensare un libro di memorie.
Si può pensare di affrontare il Mimmy Tour soltanto dopo avere letto il libro. Senza l’essenza dell’autrice, il suo ricordo vivo, da un certo punto di vista, credo si possa solo riprodurre un luogo o un particolare, ma svestito, privo del brivido.
Il Mimmy Tour, volevo proporre a Gabriella, si potrebbe pensare di farlo in aprile, di creare un photo-contest dove chi vuole può iscriversi, ci sarà una quota di iscrizione da versare, i fotografi potranno inviarci fino ad un massimo di tre fotografie, poi magari si penserà meglio al bando di concorso e a come svilupparlo. 
Intanto possiamo accennare qualche nota: La location della mostra fotografica con tutte le foto pervenute, previa selezione, sarà allestita in uno studio di architettura nella cornice di Piazza Campo dei Fiori e successivamente si sposterà in altre due location al seguito di Gabriella e del suo libro, per altre presentazioni. Ciò significa visibilità per gli autori.
Ci sarà un primo premio per il fotografo che meglio avrà saputo interpretare i luoghi dell’anima. E oltre al primo, ci saranno due targhe per la seconda e terza fotografia selezionate, prevedendo il premio della critica. 
Ciò significa una giuria scelta. 
Gli strumenti che ci può fornire l’autrice quindi sono: il suo libro che è ricco di spunti e, in un certo senso, dà il là all’interpretazione personale dei suoni sopra citati, delle reminiscenze, dello stile. Per questo, su sua gentile concessione i fotografi che si iscriveranno lo riceveranno compreso nella quota; 
Un altro fatto interessante potrebbe essere una sua qualche riflessione che sicuramente svilupperebbe, nella composizione visiva dei fotografi, altri margini di movimento. A questo proposito l’autrice mi ha parlato di una mappa che individuerà i luoghi, una specie di percorso disegnato appositamente per il Mimmy Tour, dal quale i fotografi potranno attingere il nettare per fare una scelta personale sul luogo o i luoghi da fotografare.
Mi piace pensare che il mondo sia questo, un intreccio di passato e presente, presente e futuro.

Emanuela Gizzi