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Prefazione di Gabriella Sica |
Tra i sedici e i vent'anni, durante la villeggiatura a Vetralla, il paese della mia genealogia femminile, si scandiva l'estate insieme, giovani ai nastri di partenza della vita. Eravamo i ragazzi di via S. Angelo, perché ci si trovava in una di quelle case semplici e di nuova costruzione, all'ombra di Monte Fogliano e dei Cimini, dove c'erano e ci sono ancora, forse diradati, i più bei boschi del mondo, con faggi altissimi e cerri magnifici e castagni selvatici e, in cima, il bellissimo convento dei Passionisti. Ragazzi della mia età e un po' più grandi, romani d'origine vetrallese e vetrallesi doc, uniti dalla giovinezza e dall'estate, dalle canzoni dei Beatles, di Celentano e Lucio Battisti, che accompagnavano parole balli silenzi e simpatie. Erano i felici anni Sessanta, si mettevano i dischi nel mangiadischi, si ballava ancora un lento, anni presto funestati da conflitti ideologici che cominciarono a un certo punto a serpeggiare e che mi portarono lontana da quegli spensierati disimpegnati pomeriggi estivi. Non sapevo che avrei avuto, subito all'aprirsi degli anni Settanta, la mia sbornia di politica e modernità, ancora meno potevo immaginare che avrei scritto poesie seminate nel mio cuore da quei contadini di Vetralla con cui ero stata in contatto fin dall'infanzia. Un colpo al cuore a ripensare a quei pomeriggi ignari. I fratelli Luigi e Teseo e il cugino Luigi, Paolo e Salvatore con le sue auto, Francesco Tondo che non c'è più, Egidio e Baby di Canino, Maresa, le Salfette e le farmaciste, Manuela di Milano, e poi i Peruzzi e i Luzi (Giovanni, Giancarlo e Cesare, i gemelli e Massimo che aveva sposato Piera e già è andato via da tempo). Ci si incontrava spontaneamente, si cambiava casa e gli amici erano gli stessi, qualcuno più fedele, qualcuno in segreto già fissava alcune linee della propria vita. Spesso si andava in una delle case più generose, quella di Gianfranco Stivaletti e di Beatrice, la sorella, e della madre Agnese, anche lei ora autrice di memorie. Gianfranco c'era, in disparte e silenzioso, timido più di altri. |