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CARLO GOLDONI, MIO MARITO
Giuseppe Emiliani

Presentazione
Giampiero Beltotto
Presidente del Teatro Stabile del Veneto
Teatro Nazionale

Dio, le corna! Quanto materiale per lo spettacolo hanno offerto da sempre. Aristofane e Shakespeare, il teatro greco e Feydeau, insomma in tutti i tempi i tradimenti hanno avuto fortuna per ogni autore che si rispetti. Senza le corna, almeno temute, Cavaradossi non sarebbe stato fucilato, Desdemona sarebbe imbiancata con quattro o cinque marmocchi al seguito del Generalissimo Otello, e Moliere non avrebbe scritto delle fantasie del suo Cornuto immaginario. Di immaginario, invece, nelle corna subite da Nicoletta Connio ci fu ben poco. Ne subì all’infinito dal genio di famiglia, il celeberrimo Carlo Goldoni, marito di Nicoletta, che a sua discolpa, parziale, assai parziale, potrebbe soltanto accampare la scusa della tentazione quotidiana favorita da centinaia di donne che, anche allora, frequentavano il teatro infoiando impresari e autori.
Insomma, materia incandescente le corna, ma poi non è tutta la vita di un genio ciò che insanguina l’esistenza di chi gli sta accanto e, magari, nello stesso letto? Chi vorrebbe, per esempio, sostituirsi a Denyse, la seconda moglie di George Simenon, uno dei grandi scrittori europei del secolo scorso, l’inventore del Commissario Maigret e di migliaia di altre storie, ma, almeno a dar retta a ciò che ci ha lasciato in un libro di memorie la stessa Denyse, un autentico mostro a casa sua. Chi avrebbe avuto l’ardire di sposare Pablo Picasso, l’inventore di un nuovo paradigma nella pittura moderna, che ebbe due mogli ufficiali e centinaia di amanti? Insomma, il genio va scisso dalla sua vita privata: un conto è come scrivi, tutt’altra cosa come vivi. Speriamo, con un filo di comprensione di genere per Carlo, che il perdono giovi alla pace della Nicoletta descritta da Giuseppe Emiliani, grande amico ed eccellente uomo di teatro, che con coraggio ha descritto le paturnie della signora Goldoni e le ha messe in scena.
Uomo di teatro, ma soprattutto uomo di esperienza e di spirito, Emiliani in questo Carlo Goldoni, mio marito, ci porta nel cuore di un’altra civiltà. Quelli erano anni in cui non ci si lasciava per un paio di corna, perché il matrimonio era per sempre, e ci si misurava con il più vertiginoso dei misteri, la vita in comune fra un uomo e una donna, dove più che l’ammirazione per il genio contava la capacità di sopportare quel mistero insondabile che si chiama l’altro. E dell’altro si devono amare non tanto le virtù, quanto i vizi, le puzze e i difetti, questi sì sostanza reale e imperitura di quell’impasto di carne e bugie chiamato uomo.