Carla Benocci, in questo studio sui pergolati e sulle vigne Sforza Cesarini a Roma e nel Lazio, pur partendo da una specifica angolatura di storia dell'arte, in realtà offre un contributo originale alla storia della vite e del vino in età rinascimentale e tardorinascimentale. Per questo, forse, si può giustificare questa mia introduzione a un lavoro che richiederebbe competenze specifiche nel campo della storia dell'arte. Al centro del lavoro ci sono le pergole d'uva, i giardini, gli orti, ma anche le raffigurazioni pittoriche, gli affreschi, gli stucchi che riprendono il tema della vite e dell'uva. Tutto è costruito, quasi un continuum fra reale e virtuale, natura e cultura, città e campagna. In effetti le pergole d'uva nei giardini così contigue alle ville e alle dimore signorili assumono un ruolo estetico ed insieme di utilità. Nello stesso tempo, però, segnano profondamente il paesaggio, creano armonie e colori, ma anche tortuose composizioni architettoniche naturali dove i raggi del sole e gli spicchi di cielo creano effetti sorprendenti. Le pergole di uva e i giardini rappresentano, quindi, qualcosa di più di un connubio di natura e cultura, di bellezza e utilità, sino ad assumere significati estetici, simbolici e filosofici che vanno ancora più in profondità rispetto a quelli, pure importanti, di carattere economico e sociale.
Già gli statuti medievali delle città, specialmente in Toscana, obbligavano gli abitanti a tenere l'orto per esigenze insieme igieniche e alimentari, ma fu nel Rinascimento che avvenne una rivoluzione culturale che da un lato, con il ritorno dei capitali cittadini alla terra, segnò una svolta nell'agricoltura italiana a vantaggio delle colture arboree e in primis la vite, l'olivo e la frutta, ma dall'altro la vite e il vino assunsero un significato ancora più profondo nella cultura e nella mentalità delle classi dirigenti. Le grandi famiglie dei patriziati cittadini che ruotavano intorno a Roma, capitale dell'ecumene cristiana e sede del papato, e che costituivano parte integrante della curia romana e delle alte gerarchie ecclesiastiche, furono influenzate da questa rivoluzione culturale che ebbe effetti profondi nella concezione del rapporto fra natura e cultura, fra religione e senso della vita, fra il grande patrimonio del mondo classico, estetico e morale, e il cristianesimo nei suoi valori umanistici e nella concezione della fede in Dio e nell'opera del Creatore.
Del resto proprio la vite e il vino, come il pane e l'olio, si erano caricati di significati simbolici e sacrali nel passaggio dal mondo classico al cristianesimo. Alla corte dei Medici, a Firenze, l'affermarsi del neo-platonismo innestò nella visione cristiana della vita una nuova luce che modificò profondamente la visione religiosa del medioevo: l'autunno del Medioevo per parafrasare il titolo del libro di un grande storico, Huizinga, si caricò di primavera, di solarità e di vita, ma anche di mistero. Dopo il Concilio di Firenze (1439), il pensiero di Platone, il “medico degli animi”, fu studiato da Marsilio Ficino e da Pico della Mirandola, ispirando una visione più umana e aperta del cristianesimo. Dall'ossessione del peccato e dell'Inferno si passò ad una visione cristiana segnata dalla libertà e dall'amore (Cfr. P. Morand, Les religions et le lusce. L'éthique de la richesse d'orient en occident, IFM/Regard, Paris, 2008). Stava per finire l'epoca del cristianesimo ascetico medievale, e, nonostante la reazione di fra’ Savonarola, indignato della ricchezza e del lusso di Firenze, un nuovo modo di concepire la religione si faceva strada nello scontro epocale che segnava il passaggio fra il Medioevo e il Rinascimento e la contaminazione fra valori estetici, ma anche morali e civili del mondo classico con il cristianesimo.
Un grande enologo-umanista contemporaneo, Giacomo Tachis, presentando all'Università di Pisa (2006) il Libellus de aqua ardente di Michele Savonarola (1484), ci ha fornito una chiave di lettura straordinaria per comprendere il significato del vino per il corpo e per la mente nell'uomo del Rinascimento. Savonarola, fisico e medico “eccellentissimo”, nonno del famoso Girolamo, a proposito dell'“acqua ardente”, parlò di “acqua divina”, che è appunto quella chiamata “quinta essenza”, utile a prolungare la vita ed è per questo definita “acqua della vita”. Essa rappresentava la fase “spirituale” del vino, la sua vera “anima” ottenuta dopo la terza distillazione. Nel De Vita di Marsilio Ficino, che influenzò la cultura di Lorenzo de' Medici, padre di papa Leone X, si parla del nesso fra stili di vita e stili alimentari, fra mente e corpo, uomo e natura, intesa come bellezza delle forme, dei colori e dei paesaggi. L'armonia del corpo e della mente come parte dell'universo segnato dalla misteriosa sacralità del creato. Marsilio cita Bacco perché questi con le sue erbe, i suoi aromi, e soprattutto con il vino, conforta e dona la letizia e la tranquillità che giovano alla salute del corpo e dell'anima. Così Marsilio si sofferma sul mito di Venere che incarna una visione della vita fondata sulla teoria della luce e dei colori e che fa del verde un simbolo e un coefficiente della temperanza per la sua capacità di placare gli istinti animali. C'è in nuce l'idea del giardino rinascimentale, ricco di piante verdi, ruscelli, profumi di fiori, luci e colori. I giardini, le erbe odorose, le pergole con le uve pendenti facilitano l'equilibrio e l'armonia dell'uomo con se stesso e con l'universo di cui è parte.
Questo studio accurato e ricco di documentazione iconografica di Carla Benocci ci restituisce un mondo aristocratico ed elitario dotato di un notevole spessore culturale che spiega più dei puri elementi economici della “vita in Villa” gli aspetti profondi di una cultura dell'otium pregna di motivi classici e cristiani, mentre, tutto intorno nella Penisola e nel mondo europeo era lacerato da guerre e conflitti sociali e religiosi che sconvolgevano l'esistenza delle popolazioni e attraversavano la stessa Chiesa e il papato. Forse questo stesso bisogno di pace e armonia che si cercava negli orti e sotto le pergole era anche un rifugio, la ricerca di una pace dell'anima, fuori dalle pene del mondo. Del resto gli Sforza si erano affermati nel mestiere delle armi come ben sa l'autrice che ha dedicato molti dei suoi studi proprio all'ascesa di questa importante e ramificata stirpe di guerrieri e cardinali. Un discorso a parte meriterebbe il diffondersi della viticoltura e del vino come fenomeno economico e sociale, ma la nostra introduzione è già troppa lunga per affrontare anche questo aspetto per nulla secondario nello studio di Carla Benocci, così ricco di dati e di documenti sulla produzione e il commercio del vino.