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Nota introduttiva di Ilaria Moroni


Nel 500 a.C. Pitagora scriveva «C'è un principio buono che ha creato l'ordine, la luce e l'uomo e un principio cattivo che ha creato il caos, le tenebre e la donna» e quasi mille anni dopo, nel 1595, nella Disputatio nova contra mulieres troviamo «La paroletta homo deriva da humo, dalla terra, e perciò la donna non può né essere né venir chiamata umana, dato che non proviene dalla terra ma dalla costola di Adamo, […] e a chi sostiene che le donne siano esseri umani in quanto partoriscono, si risponda che anche le bestie partoriscono con dolore, ma non per questo sono esseri umani». Dobbiamo aspettare il vento della Rivoluzione Francese perché il dibattito sul ruolo della donna acquisti dignità e perché si inizi a delineare in modo più netto il cammino del movimento femminile. Nel 1791 Olympe De Gouges1 pubblica la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, ispirandosi alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789, ma inserendo innovazioni e soprattutto denunciando l'oppressione della donna e rivendicandone i diritti. Le fa eco nel 1792 in Inghilterra Mary Wollstonecraft2 con La Rivendicazione dei diritti della donna dove l'autrice sostiene che le donne devono ricevere un'educazione alla misura della posizione occupata nella società, specificando che tutte le donne sono essenziali per la nazione nella quale vivono, dal momento che educano i loro figli e sono - o potrebbero essere - le compagne dei loro mariti e non semplicemente delle spose. Invece di considerare le donne una sorta di ornamento della società e un oggetto di mercato in occasione del matrimonio, esse sono, in quanto esseri umani, titolari degli stessi diritti fondamentali riconosciuti agli uomini. A questo proposito, la Wollstonecraft polemizza vivacemente con Jean Jacques Rousseau, che nell' Émile (1762) sosteneva infatti che le donne avrebbero dovuto essere educate in modo da piacere all'uomo.
Perché il movimento femminista arrivi in Italia dobbiamo aspettare l'unità nazionale nel 1861. Interprete di queste istanze tra le altre è Anna Maria Mozzoni che nel 1864, tre anni dopo l'elezione del primo parlamento italiano, reclama il diritto di voto come conseguenza del Risorgimento delle donne che erano state parte attiva nel raggiungimento della libertà delle nazione.
Ma fu solo all'indomani della Prima Guerra Mondiale che il ruolo della donna nella società iniziò ad acquistare riconoscimenti anche dal punto di vista legislativo, anche se il fascismo ne rallentò i traguardi. Nel 1919 infatti, le donne italiane ottennero l'emancipazione giuridica, che di fatto aboliva l'obbligo dell'autorizzazione maritale sulla gestione dei propri beni. Intanto le donne avevano iniziato a organizzarsi in associazioni e nel 1899 era nata a Milano l'Unione femminile, con lo scopo di elevare e istruire la donna e difendere la maternità e l'infanzia. Nel 1905 assunse la denominazione di Unione Femminile Nazionale, si batté per un programma rivolto alla tutela delle lavoratrici e all'affermazione del valore della maternità, impegnandosi su vari fronti, come la lotta contro la regolamentazione statale della prostituzione, per la creazione di strutture assistenziali e formative, e il diritto di voto. Durante la Seconda Guerra Mondiale le donne si fecero carico delle responsabilità sociali tradizionalmente maschili, sostituendo l'uomo nel lavoro e nel mantenimento della famiglia e scelsero anche di schierarsi e combattere, nelle diverse forme possibili, la lotta resistenziale, ribaltando la consueta divisione dei ruoli maschile e femminile. Nei libri di storia si accenna appena alla partecipazione delle donne alla Resistenza, sebbene il loro apporto si fosse rivelato determinante ai fini di una maggior efficacia dell'organizzazione delle formazioni partigiane, entrando a far parte di diritto nella storia della liberazione nazionale: le donne si occupavano della stampa e propaganda del pensiero d'opposizione al nazifascismo, attaccando manifesti o facendo volantinaggio, curando collegamenti, informazioni, trasportando e raccogliendo documenti, armi, munizioni, esplosivi, viveri, scarpe o attivando assistenza in ospedale, preparando documenti falsi, rifugi e sistemazioni per i partigiani.