Scrivere la storia del vivere quotidiano in un paese è difficile perché mancano riferimenti bibliografici, perché le fonti non sono organizzate per questa scrittura e spesso non sono disponibili, perché la vita quotidiana nei secoli passati finisce per avere il ritmo e il colore di quella che noi immaginiamo essere stata la normalità per i nostri antenati.
Quando va bene, ne viene fuori un'immagine in alcune parti sfuocata e per altri aspetti sbilenca, nella quale cioè alcuni particolari non sono posizionati nella maniera giusta e soprattutto non sono proporzionati agli altri, così come il “peso delle cose” in quell'epoca richiederebbe.
Ad esempio è fuori dubbio l'importanza che avevano avuto le istituzioni ecclesiastiche per tutta l'età moderna. Ma all'inizio dell'Ottocento era ancora così? La rivoluzione in Francia, la Repubblica romana, il periodo napoleonico avevano fatto constatare direttamente che c'era un modo di organizzare le cose, anche alle porte di Roma (e dentro la Città eterna) ben diverso da quello che era stato sperimentato sino ad allora. E con la Restaurazione, più che il potere delle istituzioni ecclesiastiche, sembra essere dominante ora, nella prima parte dell'Ottocento, il potere degli ecclesiastici che però, in gran parte dei casi, sono esponenti delle famiglie dei proprietari terrieri, dei professionisti, degli addetti alla burocrazia dello stesso territorio nel quale esercitano il ministero.
I rivolgimenti e le novità erano apparsi più significativi a livello istituzionale e solo alcuni aspetti della vita quotidiana ne erano stati toccati. La fame, l'ignoranza, le malattie, le tasse avevano continuato a “correre”. I rapporti sociali erano stati appena scalfiti dal passaggio dei francesi e se le notizie e le comunicazioni cominciavano a migliorare, c'era stata anche la novità negativa che ora le guerre si andavano a fare in tutt'Europa, anche in Russia come si ricorda a proposito di un abitante della frazione La Botte che aveva partecipato alla spedizione di Napoleone. E l'opposizione al governo (non più solo da parte dei briganti) per le idee professate si poteva pagare con l'esilio, il carcere, la condanna a morte: non c'è più l'Inquisizione perché al controllo sulla società oggi provvedono i tribunali dello Stato.
Il primo quarto del secolo XIX a Vetralla, nello studio di Andrea Natali, è un tentativo coraggioso di affrontare tutta questa serie di questioni e nello stesso tempo è l'occasione per aprire degli squarci sugli aspetti della quotidianità che meriterebbero da soli interi volumi, come i mestieri, l'alimentazione, la salute e la medicina. Il risultato delle ricerche, in un campo così complesso, mi pare più che soddisfacente.
E, se oltre che produrre un lavoro corretto, la sua scommessa era quella di suscitare interesse, mi pare che sia una scommessa vinta. Il suo uso delle fonti (quelle locali, quelle viterbesi e quelle romane) per dare conto dell'intreccio dei piani della vita quotidiana è un buon esempio di come si possa ricercare e scrivere un'opera di storia senza perdere mai di vista la curiosità, l'attenzione, la voglia di sapere di colui che prenderà in mano il risultato di tutto questo lavoro.
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