HOME |
---|
FELLINI A BAGNOREGIO Sul set de La strada |
---|
Nell’ambito di Antonello Ricci e Davide Ghaleb Editore Il terzo appuntamento con le cine-passeggiate Sabato 18 giugno 2016, ore 18.00 – Bagnoregio FELLINI A BAGNOREGIO Appuntamento presso Porta Albana Racconta e conduce Antonello Ricci Percussioni di Roberto Pecci Itinerario: da Porta Albana a piazza Sant’Agostino Strada facendo, incontreremo e dialogheremo con alcuni fra i protagonisti bagnoresi di quell’avventura Si ringrazia infine, di cuore, per gradita collaborazione e squisita ospitalità l’Associazione Storico Culturale “Piero Taruffi” che nel corso della cine-passeggiata ci spalancherà amichevolmente le porte del Museo omonimo ove si conservano alcuni splendidi “cimeli” felliniani legati alla lavorazione de La Strada |
SULLA STRADA DEL PAESAGGIO ITALIANO Di Antonello Ricci Era il 1954 quando per la prima volta, accompagnato dal direttore di produzione Gigetto Giacosi (che era di origini bagnoresi), Fellini mise piede nel pittoresco borgo dell’Alto Lazio. Imboccò porta Albana, percorse lo “stretto budello” del corso fino a piazza Cavour e infine al convento di clausura. Non ebbe dubbi. Bagnoregio, con la composta eleganza del suo centro storico, era lo scenario perfetto per “ritrovare” la città ideale, l’archetipo della città di provincia che Fellini aveva in mente da sempre: “antichissima, borghese e aristocratica, così misteriosamente italiana”. Bagnoregio divenne così la città del sacro e del profano: Gelsomina confusa ed eccitata che si perde fra la folla della processione dell’Immacolata (nella realtà anticipata ad hoc dal curato, ad aprile, proprio per permetterne le riprese) e che più tardi ammira – naso all’insù – i fantasmagorici volteggi notturni del Matto su una corda tirata a ventina di metri d’altezza, tra la cattedrale e il nobile palazzo Barboux. La città della suorina autostoppista ante litteram, che si emoziona all’assolo di tromba di Masina e quella del ritorno in piazza, allo scoccare della mezzanotte, dell’orco Zampanò. Città aristocratica e borghese. Ma anche contadina. Se è vero – come è vero – che proprio di un contadino al ritorno dai campi era la leggendaria mantellina sdrucita dei tempi della grande guerra che Giulietta avrebbe indossato per tutto il film e che il giovanissimo sarto bagnorese Cencino Eleuteri le avrebbe magistralmente rappezzato e adattato addosso (oltre a cucire ex novo le giacche dei due fiabeschi antagonisti: il gitano circense Quinn e il tragico farfarello Basehart). E se è vero – come è vero – che tutto contadino è quel matrimonio sull’aia girato presso un casale all’Acquarossa; matrimonio che col suo epilogo serotino e ventoso tanto ci ricorda lo struggente finale di un futuro capolavoro felliniano: Amarcord. Contadina. Ma anche – e, forse: soprattutto – artigiana. Perché era invenzione del bagnorese Ugo Trucca quel poetico trabiccolo che Fellini adocchiò entrando in paese, addossato al muro del parco della Rimembranza, ai piedi della Piramide garibaldina: un singolare motocarro – di fattura e arrangio tutti artigiani – assemblato a partire da un residuato bellico (una Sertum 500) rinvenuto e debitamente spogliato – fra altri mille – in località Carbonara. Il “tribiscolo” (conio felliniano) aveva funzionato per qualche anno nei trasbordi di campagna, per vendemmie e raccolta delle olive. Ora si sarebbe trasformato nel “personaggio” più straordinario di tutta La Strada: l’indimenticabile motocaravan di Zampanò. Fianco a fianco col cineasta romagnolo infatti, seguendone ad arte le intuizioni-indicazioni, Trucca vi avrebbe apportato quello modifiche che l’avrebbero reso eterno agli occhi del pubblico di tutto il mondo: telo e centinatura, sportelli e scaletta posteriori, ganci vari. Un tema di assoluto rilievo, vorrei dire: se solo pensiamo che alla duttile e geniale creatività artigiana delle anonime maestranze del cinema tanti anni dopo Fellini avrebbe dedicato, per dirne una, le più suggestive sequenze di un altro capolavoro assoluto, Intervista. Da porta Albana e dintorni fino a piazza Cavour e all’ex monastero di clausura, passeggeremo insieme, ripercorrendo shot-for-shot i luoghi del set (scene tagliate comprese). Li “riconosceremo” accompagnati da rievocazioni e aneddoti di alcuni fra i protagonisti di quell’esperienza che è ormai entrata a far parte di diritto dell’immaginario popolare della comunità locale: Cencino Eleuteri, il sarto, che incontreremo nella sua bottega; Francesco Trucca, nipote di Ugo, e sua nonna Nevina: la sposina che replicò – nel film – il proprio ruolo, sposandosi per la “seconda volta” con colui che era già, agli occhi di Dio e alla legge, suo marito (magie del cinematografo!): l’amato Ugo demiurgo del “tribiscolo”. Nevina e Francesco ci faranno dono dei loro ricordi nelle belle sale del Museo “Piero Taruffi” (e colgo l’occasione per ringraziare l’omonima associazione per la squisità ospitalità) a cospetto di alcuni splendidi “cimeli” felliniani: la riproduzione del motocarro di Zampanò – realizzata con alcuni pezzi di ricambio originali – e gli abiti da cerimonia (questi integralmente originali) indossati sul set, della vita e poi del cinematografo, dagli sposini di quel fantasmagorico matrimonio al quadrato. L’evento sarà anche un omaggio all’opera dello scrittore bagnorese Bonaventura Tecchi: del quale l’attore Pietro Benedetti declamerà, tappa dopo tappa, alcune belle pagine dalle insospettabili “risonanze” felliniane: preti e vento, fiaba e neve, vescovi e poveri diavoli, interni dagli intonaci muffiti e scrostati, residuati bellici. E molto molto altro. Alle percussioni itineranti (campanellini eccetera), come di consueto, Roberto Pecci. Da parte mia ho in serbo una sorpresa musicale: vi anticipo solo che potrebbe essere l’umilissima armonica a bocca a rievocare un refrain che ancora oggi sa commuoversi come pochi. Sarà presente, per un indirizzo di saluto, il sindaco di Bagnoregio Francesco Bigiotti. |
* * * * * 2016 Anno del cinema Sponsor tecnico Febbre a 90 Con il patrocinio del Comune di Viterbo Con il contributo economico di
|