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LE PASSEGGIATE DI EGIDIO 17 Passeggiate/racconto alla riscoperta della Viterbo umanistica e rinascimentale |
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Al tramonto del XV secolo Viterbo è ormai una Bella Addormentata. Viene a cullarla con le sue ninnananne un frate domenicano un po’ birbante. É un viterbese doc. Giovanni all’anagrafe, ma preferisce farsi chiamare Annio, con sfacciato latinorum. Torna in città nel 1489, dopo un’assenza di vent’anni. È noto per i suoi oroscopi (uno per Galeazzo Sforza, nell’anno dell’assassinio: chissà che c’era scritto). Insegna retorica e latino a un pubblico di eruditi notai, localisti sfegatati. Li abbindola all’ombra di un campanile smisurato, racconta loro favole incredibili: Re Desiderio, Pipino il Breve e Carlo Magno, ma soprattutto Ercole e... Noè. Viterbo sede della città sacra etrusca, tetrapoli originaria, improbabile Fanum Voltumnae: Viterbo mamma di Roma, insomma, e culla dell’intera civiltà occidentale. Annio convince il suo pubblico a colpi di apocrifi letterari e false epigrafi. Il bello è che gli credono in molti, e non solo viterbesi. Anche Alessandro VI, di passaggio in città: sotto i cui occhi tornano alla luce “prove” preziosissime di questa verità dimenticata, in realtà sepolte nottetempo da Annio stesso, a colpi di pala e di piccone. Erasmo da Rotterdam non si fida delle sue teorie, e così molti fra gli umanisti e filologi più avvertiti, ma ci vorrà tempo prima che il mito del FAVL tramonti. Mentre qualcuno, qui da noi, quelle storie se le racconta ancora. E nella toponomastica cittadina restano tracce delle sue fantasmagoriche etimologie. Fossili sorprendenti d’una testarda quanto patetica fierezza municipale. Poi un malinconico silenzio di secoli. Antonello Ricci
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