Francesco Mancuso sarà ad Anghiari il 31 agosto 2019 e sarà ospite del Festival dell'autobiografia 2019 organizzato grazie al patrocinio della Regione Toscana e del Comune di Anghiari, dalla Libera Università dell’Autobiografia. Alle ore 17.30, presso il Teatro di Anghiari, sarà presentato il libro Oriolo Romano un borgo da raccontare, pubblicato dall'editore Davide Ghaleb, all'interno del contenitore «Incontri con autrici e autori», libri, ricerche, esperienze. Diari e memoir «Parole che nascono e crescono con noi». Allo Showroom Busatti presenta Fabrizio Scrivano.
«Sono le persone che fanno un luogo e sono i ricordi che fanno le persone.»
Queste semplici verità emergono nettamente dalla lettura dei vari ritratti che, nell’insieme, creano un’immagine di Oriolo che nessun’altro, se non Francesco Mancuso, avrebbe potuto comporre in questa sua unica maniera.
Già durante un suo primo percorso autobiografico alla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (AR), affrontato attraverso la scrittura autobiografica a distanza nei primi anni del 2000, l’autore ci ha colpito per la sua particolare capacità di osservazione e di ricordare anche piccoli dettagli che rendevano le sue descrizioni acute e reali; quasi sempre i suoi ricordi sfociavano in piccole o grandi storie che per noi destinatari rendevano la lettura gradevole e spesso allegra: oltre tutto lo sguardo, talvolta ironico, era sempre benevolo e non gli mancava mai il senso della comicità per alcune situazioni che la vita gli aveva riservato.
Dopo che la sua propria, ricca autobiografia era diventata libro, Francesco è passato dalla scrittura di sé a quella dell’altro. Ed eccolo qui che presenta – per la terza volta, dopo le storie raccolte di Bracciano e Canale Monterano – la cittadina di Oriolo, attraverso i suoi incontri con alcuni abitanti e la raccolta dei loro racconti.
La tecnica che usa è particolare, per non dire unica. Anche se qui scrive di altri, ci ho potuto ritrovare tante delle sue caratteristiche sopra menzionate.
Avendo compreso che l’oggettività nei racconti di vita non può esistere, e che nemmeno la figura dell’intervistatore può agire nella veste dello specialista tecnico – cose che alcuni sociologi ci hanno voluto far credere – lui offre la sua soggettività come veicolo di trasporto per avvicinarsi alle persone e per farle parlare. Talvolta anche con l’aiuto della sua compagna Vittoria, gli si aprono le porte delle case. Passeggiando per le strade, guidato da Bernardino Altigieri che racconta il paese – il Palazzo Altieri, i portali, le stallacce, fontana vecchia e la tomba del soldato tedesco sul cimitero, riprendono vita.
Dopo i primi scambi di parole il flusso dei racconti, regolarmente, non si ferma più. Eventi delle due Guerre Mondiali si rispecchiano nei ricordi dei padri e delle madri di tutti; nel dopoguerra “…c’era una miseria nera, ma eravamo tutti lì, al pezzo, a portare il nostro granello di sabbia al bilancio che occorreva metter su per vivere, ma la sera, attorno alla tavola, tutti insieme a ridere, scherzare, raccontarci le peripezie della giornata”, ricorda Marisa Zamparini. Il lavoro nella Fonderia Giampieri e nel sindacato racconta Silvano Barberini; l’infanzia da ragazza alla Gian Burrasca e l’impegno per i malati, in età matura, di Francesca Bassetti; la passione e la vita dedicata alla scrittura e alla musica classica di Giorgio Tagnani; l’artigiano orafo Virgilio Mortet racconta la storia della sua bottega, ormai famosa nel mondo e per l’Archivio Flamigni parla Emilia Lotti: “Il valore dell’Archivio sta nel non permettere che il silenzio, il disinteresse scenda su tanta storia del nostro paese, storia coraggiosa che ha consentito conquiste sociali e civili.” Dice Angelo Piccioni: “Sai, bisogna sempre ascoltare gli altri, solo così s’impara ”.
Ugo Conti racconta del suo stare al mondo attraverso i libri: “ Leggo di tutto, dalla storia, alla filosofia, alla letteratura, amo tutto ciò che si può leggere”. E infine Elisa che racconta la prigionia di suo nonno in un campo di concentramento in Germania.
In questo flusso di ricordi Francesco si limita a osservare, commentare, domandare, aggiungere idee spontanee, senza incanalare mai il flusso dei racconti. Chi di sé racconta, rimane padrone o padrona delle scelte che la vastità infinita della propria memoria gli offre.
Raccontandosi, apparentemente senza filo conduttore, ogni, persona mentre parla, costruisce la sua identità. Infatti durante ogni racconto emerge chiaramente il filo rosso attraverso il quale il personaggio si definisce e vuol farsi riconoscere agli altri.
In mano rimane una bella treccia di fili rossi, di vite vissute con dedizione e passione, coraggio e tanta umanità. Vite di Oriolo.»
[Stefanie Risse, coordinatrice del gruppo di scrittura autobiografica a distanza Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari] |