IL GRANDE ROMANZO DEL LAGO
di Marco D'Aureli
Con il progetto Ager, promosso dal Sistema museale del lago di Bolsena (Simulabo) e finanziato dalla Regione Lazio, Banda del racconto torna ad incrociare i musei. “Torna” perché fu proprio in stretta sinergia con due musei del Sistema, quello della terra di Latera e il Museo del brigantaggio di Cellere, che nel 2008 – lavorando sulle storie di Pietro Moretti e di Vincenzo Gioiosi – presero forma i rudimenti di quella inedita metodica di trattamento delle fonti e di narrazione pubblica dei paesaggi e delle storie locali che caratterizza l’attività di Banda.
Questo libro, nella forma del diario di bordo, nasce per conservare traccia e restituire suggestioni degli itinerari toccati dalle passeggiate/racconto condotte sotto le insegne del progetto Ager e svolte tra luglio del 2017 e aprile del 2018. Nelle sue linee essenziali l’idea di base prevedeva lo sviluppo di tanti percorsi quanti sono i poli del Sistema, nonché la realizzazione di altrettante passeggiate/racconto (vale a dire performance di teatro narrazione che portano la parola detta ad alta voce a risuonare nei luoghi e ad evocarne il genius loci) tese a promuoverli e a renderli fruibili. A ricucire, a riconnettere i musei stessi con il proprio intorno, il proprio contesto, il proprio paesaggio (“zanzottinamente” inteso come luogo che raddensa in sé le storie e le esperienze di chi lo ha vissuto, attraversato, rappresentato). In una parola: il proprio ager.
La filiera che ha portato dalla fase preparatoria alla realizzazione dell’evento pubblico finale è stata, fondamentalmente, sempre la medesima. Per prima cosa gli operatori di Banda, affiancati per l’occasione dagli studenti del Master di I livello per “Narratori di comunità” attivato nell’anno accademico 2016/2017 presso l’Università degli studi della Tuscia, hanno realizzato una intervista con i direttori. Per sviscerare la loro idea di museo, per portare ad evidenza l’identità e la vocazione di ogni singolo istituto culturale in relazione al proprio contesto (il proprio borgo, gli altri musei del Sistema). Così, per la prima volta da che è stato istituito, e tramite le voci dei direttori dei musei che lo costituiscono, è stato tracciato un ritratto corale del Simulabo. Per la prima volta, nei suoi diciotto anni di esistenza, il Sistema è stato posto davanti allo specchio dei racconti e le sue anime sono diventate oggetto di narrazione pubblica. Quello che ne è risultato, e che contestualmente alla stampa di questo volume viene consegnato agli archivi del centro visite del Simulabo sotto forma di file audio e video, è un denso e copioso patrimonio documentale su cui tornare a lavorare per consentire al sistema stesso una crescita in termini di autoconsapevolezza. Questo risultato è stato reso possibile dal dispiegamento di un vero e proprio organico programma di ricerca. Perché le passeggiate/racconto non sono performance che rendono i luoghi nei quali vengono realizzate contenitori di eventi di natura spettacolare fini a se stessi, bensì forme di restituzione sociale di rigorose ricerche calibrate rispetto ai singoli contesti e condotte nel pieno rispetto dei protocolli in uso nelle scienze sociali.
Sempre nella fase preliminare del progetto, ai direttori è stato chiesto anche di immaginare degli itinerari capaci, come già detto, di connettere il dentro del museo col fuori, secondo criteri di pertinenza tematico/disciplinare. Oltre alla individuazione di un percorso, ai responsabili scientifici delle singole strutture è stato chiesto di attivare dei veri e propri focolari narrativi, di intercettare testimoni in grado di restituire saperi, memorie e immaginari. Ma anche di reperire fonti scritte e d’archivio utili alla costruzione del palinsesto di letture destinate ad essere sciorinate nel corso degli eventi pubblici. Una infinita varietà di storie, scaturite dalle parole di illustri scrittori, poeti dialettali, celebri artisti, studiosi, viaggiatori e appassionati ricercatori, emerge dai copioncini allestiti per l’occasione. Da quelle del lavoro e della vita quotidiana andate in scena a Latera a quelle – caso di Cellere – riguardanti l’immaginario dei briganti. Passando per l’opera di artisti che hanno lasciato grandi realizzazioni nell’area abbracciata dal Simulabo (Antonio da Sangallo il Giovane a Gradoli e Montefiascone), per gli snodi della storia con la S maiuscola (distruzione della città di Castro, la seconda guerra mondiale). A mettere insieme questi copioncini, a collocare uno accanto all’altro i lacerti testuali che li compongono, prende forma un vero e proprio organico ragionamento critico sul paesaggio del lago. Il risultato è – come si dice – qualcosa in più del totale prodotto dai singoli addendi. I canovacci portati in passeggiata posti in sequenza assumono i contorni di un vero e proprio organico ragionamento critico sul paesaggio del lago. Guardando il quadro di insieme delle storie scelte per essere raccontate a voce alta, dei giacimenti dai quali sono stati effettuati i prelievi testuali, emerge un grande affresco dell’immaginario di questo territorio. Il grande romanzo del lago.
Questo risultato è il portato dell’applicazione della metodica di intervento che Banda del racconto è solita dispiegare. Quello che è stato fatto, a partire dalle fonti reperite e dalle storie dalle medesime veicolate, è stato costruire un discorso critico, riflessivo, impiegando frammenti di discorsi altrui. Una metanarrazione, una narrazione interpretante. Cogliendo la potenza evocativa delle narrazioni di grado zero (le testimonianze orali, i testi scritti), le mille risonanze che da esse si originano. Senza però assumere un atteggiamento collusivo o mimetico rispetto ad esse. Senza mai cedere alle lusinghe delle appaganti favole localistiche e però, allo stesso tempo, senza mai gettare su di esse uno sguardo di sufficienza o paternalistico, consapevoli di quanta inaspettata e insospettata poesia sovente trasudi dalle pagine di autori locali, di cronache scritte all’ombra di smisurati campanili, e che vanno prese per quello che sono: dichiarazioni d’amore viscerale rivolte al paesaggio. È per questo che è stato scelto di portare in scena, accanto al sapere della storia dell’arte o dell’archeologia, quello accreditato, quello scientifico, anche – tanto per fare un esempio – l’archeologia immaginata, quella desiderata. Perché anche quelle parole dicono del lago e ne plasmano l’aura, l’immaginario. E perché tanto più le storie sono sbagliate, tanto più trasudano desideri. Più le storie sono ricche di incongruenze temporali e più raccontano di faglie identitarie, di ambizioni, frustrazioni. Indici, questi ultimi, estremamente eloquenti rispetto ai sentimenti di identità e appartenenza di chi vive gli spazi che sono stati attraversati da questo ciclo di passeggiate/racconto.
Il modello di intervento proposto originariamente da Banda del racconto al Simulabo ha subìto una sua evoluzione in corso di realizzazione. Da vere e proprie passeggiate/racconto si è passati a realizzare delle interviste itineranti coi direttori e con il coinvolgimento dei narratori locali, trasformati per l’occasione in genius loci. Al netto di questa riconfigurazione, tutte le passeggiate hanno visto la presenza in scena, accanto al direttore del museo chiamato in qualità di narratore istituzionale, di Antonello Ricci, impegnato in qualità di conduttore nelle narrazioni-cornice. Al loro fianco, talvolta, Pietro Benedetti alle letture ad alta voce. La presenza ed il coinvolgimento attivo nella passeggiata del direttore, con brevi ed essenziali interventi di carattere scientifico/didattico lungo il percorso, ha avuto inoltre come obiettivo quello di valorizzare il ruolo sociale (oltre che patrimoniale) del museo.
Il ciclo di passeggiate ha riscosso un grande successo in termini di pubblico, accorso sempre in maniera cospicua. A partire dalle prime uscite, e grazie ad una campagna mediatica oculata, una vera e propria strategia narrativa complessiva di secondo livello fatta di comunicati in entrata (di lancio) e in uscita (consuntivi), di un lavoro di tessitura teso a raccordare ogni uscita con le altre, il pubblico si è andato fidelizzando. Frequentemente, le fotografie ne recano testimonianza, Banda ha incrociato sul proprio percorso gli stessi volti. Una vera e propria compagnia di giro fidelizzata. Uno dei risultati più significativi di questo progetto è quello di aver costruito ed alimentato una vera e propria comunità patrimoniale fatta di persone di estrazione diversa, merito di una parola porta con affabilità, seducente, mai altezzosa.
Il libro è stato pensato per avere un impianto modulare. L’idea di base era quella di porre in dialogo – entro una griglia standard – fotografie scattate durante la passeggiata che restituissero l’immagine dei luoghi abitati attraversati dal pubblico con brani, a volte un rigo appena, dei testi portati in performance. Il tutto preceduto da un estratto dell’intervista col direttore, da una fotografia del museo e dalla locandina dell’evento accompagnata da uno stralcio del comunicato stampa redatto per l’occasione.
Tuttavia, in funzione della trasformazione precedentemente segnalata, nonché della natura unica di ogni passeggiata (nonostante il loro raccordarsi entro la medesima cornice progettuale), la rigida modularità alla quale si era pensato inizialmente ha dovuto subire una revisione nel senso di un allentamento di alcuni vincoli. Ed ecco che, ad esempio, talvolta compaiono immagini d’archivio, oppure testi non letti in passeggiata. La natura multiforme dell’esperienza ha messo a dura prova alcuni assunti di partenza che si sono rivelati espressione di un approccio troppo astratto. In questo senso, l’allestimento del volume ha rappresentato per Banda del racconto un banco di prova un’occasione di crescita ulteriore.
Un ringraziamento particolare va ad Andrea Natali, il quale si è fatto carico del primo lavoro di selezione delle fonti e di scelta delle immagini fotografiche da pubblicare in abbinamento ad esse.
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