Questa antologia raccoglie le poesie premiate, e quelle segnalate come meritevoli di una particolare attenzione, fra le partecipanti al premio di poesia in dialetto "La léngua vitorbese", giunto nel 2020 alla sua terza edizione. Come per tradizione due i bandi pubblicati, uno riservato alle classi quarte e quinte delle scuole primarie del capoluogo, un altro senza limiti di età. Quattro gli istituti che hanno aderito: la "Canevari" (dell'omonimo istituto comprensivo); la "Concetti" (istituto comprensivo "Fantappié") e la "Volta" (del "Vanni"). New entry, o meglio: gradito ritorno, quello della "Grandori" (istituto comprensivo "Carmine"), che lo scorso anno aveva saltato un giro preferendo avviare uno specifico percorso formativo e propedeutico, al fianco degli animatori del premio, in vista dell'edizione 2020. Scelta saggia che ha prodotto frutti particolarmente apprezzabili.
"La léngua vitorbese" è un concorso tenacemente voluto da una pattuglia di istituzioni e associazioni cittadine. In primo luogo Fondazione Carivit, che anche per questo 2020 ha finanziato entrambi i bandi. Poi Tuscia dialettale e Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa. Accanto ad esse l'associazione Comunità narranti, erede culturale di Banda del racconto. L'iniziativa gode anche del patrocinio morale del Comune di Viterbo.
La competizione, come recita il bando, vuole incoraggiare, particolarmente nei giovani cittadini e nelle giovani cittadine, la giocosa pratica della poesia in dialetto, indirizzando quest'ultima al rinvigorimento e alla valorizzazione di un più alto sentimento – orgoglioso e cordiale al tempo stesso – di appartenenza all'identità linguistica viterbese e quindi di dignità civica.
Il premio, le cui prime due edizioni furono dedicate rispettivamente a Emilio Maggini e a Edilio Mecarini, questa volta era indetto in memoria di Enrico Canevari. Giunge così a compimento un percorso a ritroso (per le cui acquisizioni si rimanda al volume Enrico Canevari. Poesie in dialetto viterbese, sempre in questa collana) iniziato tre anni fa che partiva dagli esiti e dalle espressioni a noi più vicine della lingua e della poesia viterbese (con Maggini e Mecarini) per arrivare alle scaturigini della tradizione dialettale locale con Enrico Canevari e, ancor prima, Cesare Pinzi (autore, quest'ultimo, del sonetto recuperato e dato alle stampe da Antonio Quattranni che ha ispirato l'intitolazione del premio stesso).
Questa antologia contiene le poesie premiate e quelle ritenute meritorie di una particolare menzione, in virtù del gradiente di freschezza e di originalità che esse esprimono, accanto a valori intrinseci di natura stilistica e formale (usi espressivi del dialetto, rispetto del tema – che quest'anno era la città di Viterbo, la sua bellezza urbanistica, dei singoli monumenti ma anche dei più umili, appartati e pittoreschi angoli; le sue tradizioni, i personaggi tipici, fatti storici o aneddoti della memoria collettiva popolare). La giuria che ha selezionato i componimenti pervenuti alla segreteria del concorso, ben oltre il centinaio complessivamente, è stata presieduta anche quest'anno dal decano della poesia in dialetto viterbese, Ostelvio Celestini. Accanto a lui Franco Giuliani presidente di Tuscia dialettale e Massimo Mecarini presidente del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa. A completare la squadra l'attore e regista Pietro Benedetti e Antonello Ricci, presidente della neonata associazione Comunità narranti.
Il criterio che ha orientato lo scrupoloso quanto rigoroso lavoro della giuria, è stato quello di premiare la spontaneità delle poesie composte dagli studenti, anche laddove l'entusiasmo e l'immediatezza hanno indotto i giovani autori a compiere scelte eterodosse in merito a questioni lessicali, sintattiche o anche ortografiche. In linea con i criteri adottati nella realizzazione delle precedenti raccolte, anche questa volta si è scelto di restituire le poesie così come sono state consegnate alla giuria, vale a dire senza alcuna forma di intervento normalizzatore.
Se la chiusura di questo ciclo, di questa esperienza, almeno nella forma del trittico che essa ha assunto, qualcosa dimostra, è che il faro acceso sulla dialettalità viterbese, il lavoro promozionale svolto, gli articoli pubblicati sulla stampa locale, gli interventi a scuola, il confronto con gli insegnanti, tutto questo insieme di azioni ha fertilizzato e reso rigogliosa la platea dei poeti, giovani e meno giovani, che hanno deciso di far rivivere il dialetto viterbese intendendolo come risorsa espressiva possibile, eloquente, e non come inerte lascito fossile del passato buono solo per un uso di maniera.
A proposito: una menzione d'onore, insieme con la gratitudine di tutta la giura, va alle maestre, le quali hanno dimostrato continuata e solida affezione al progetto al punto da far entrare lo studio del dialetto all'interno del percorso curricolare. Versi molto popolari di alcuni padri fondatori della poesia dialettale viterbese, Maggini in primis, risuonano in alcuni componimenti presentati al concorso, a testimonianza di quanto ricco di suggestioni sia stato per gli studenti il lavoro svolto sotto l'amorevole guida delle insegnanti. In generale, la qualità delle poesie provenienti dalle scuole, sia sul piano linguistico che su quello dei temi, dimostra una significativa crescita. La stessa che, per altri versi, è riscontrabile anche nelle poesie presentate per il premio senza limiti di età. In coda alle poesie vincitrici e menzionate, si è deciso di pubblicare, per omaggio al dedicatario del concorso, una selezione di versi imperniati sulla figura della bella Galiana. Leggenda che proprio Canevari ha traghettato dall'immaginario postunitario a quello primo novecentesco (e oltre) raccogliendo il testimone della popolarità moderna di questa figura, a cavallo tra storia e leggenda, che veniva restituita a un più ampio pubblico a due anni dalla breccia di Porta Pia con la pubblicazione, a cura di Ignazio Ciampi, delle quattrocentesche Cronache di Viterbo di Niccolò della Tuccia.
Tra le poesie del bando senza limiti d'età una menzione speciale è stata riservata a quelle scritte da Renato Cavallo e Loretta Bacci, due autori che hanno mostrato particolare attaccamento a "La léngua vitorbese" e che nelle precedenti edizioni del concorso si sono piazzati, in modo alternato, al primo e al secondo posto. In particolare, Renato Cavallo rappresenta, ormai da anni, una punta di diamante della dialettalità viterbese. Il suo si configura come vero e proprio riconoscimento "alla carriera".
La poesia vincitrice il secondo premio, La' pe' Vitebo, di Maria Grazia Landi, è stata fatta pervenire da una nipote. L'autrice ci ha lasciati a marzo del 2019. È apparso significativo far seguire i versi dalla lettera di accompagnamento indirizzata alla giuria.
Chiude l'antologia Viterbo città mia, di Elisa Egidi. Abbiamo deciso di ospitare una poesia che pur non rientra nel novero di quelle vincitrici o segnalate per la sua delicatezza e quella della persona che l'ha voluta sottoporre alla giuria.


Marco D'Aureli