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IL RAGAZZO DAI SALI D'ARGENTO Claudio Bassi dentro e fuori la camera oscura Enrico Campofreda |
Presentazione Questo libro nasce dall’incontro con Enrico Campofreda che minuziosamente ha raccolto i ricordi, le suggestioni, le emozioni, i frammenti di vita di Claudio e il suo rapporto con la fotografia. La storytelling capovolge così la relazione tra testo e immagine, perché questa volta non si parte dalla scrittura per interpretarla attraverso l’immagine, ma è invece la fotografia stessa che si fa testo, al punto che nel racconto di Campofreda ogni paragrafo risulta talmente denso di emozioni da essere vissuto da chi legge come una sceneggiatura. Impossibile non entrare fino in fondo nel racconto, immaginandolo quasi scena per scena, in una declinazione che proprio nelle sceneggiature racconta: Interno n.1… pomeriggio… laboratorio via Martini, Parioli, Roma… E così di seguito. Melodie narrative e visive. Questa volta la scrittura trae ispirazione dalle immagini e il racconto nasce dalle suggestioni che esse evocano. Anche la scelta di usare in alcuni ambiti il romanesco come linguaggio risulta vincente perché rende Claudio e gli altri personaggi assolutamente reali in un sentiment indissolubilmente legato alla fotografia e alla vita che si dipana nella Città Eterna, mentre la cronaca si fa Storia. C’è però un altro piano di lettura di questo lavoro che non è un libro di fotografie, anche se contiene immagini, ma è testimonianza storica e culturale di un periodo fervido di idee e intuizioni che proprio nella fotografia trovano il loro contenuto. Questo secondo livello è relativo alla lettura attraverso le fotografie pubblicate nel libro che sono nell’archivio storico di grandi fotoreporter e spesso rappresentano scatti artistici, ribaltando il concetto che solo fino a pochi decenni fa distingueva i due ambiti: la fotografia di reportage e la fotografia artistica. Sebbene qui non si tratta di leggere le immagini ma di riconoscere nel lavoro di Claudio, raccontato con dovizia di particolari nel libro, un pezzo della Fotografia con la maiuscola della poliedrica Roma piuttosto che il racconto di come Bassi ha vissuto la sua professione. Di sé dice d’essere “solo uno stampatore”, in realtà Bassi è un’artista che alla fine è riuscito a tirare fuori dal cassetto pure i fotogrammi personali che più lo rappresentano. Leggendo il libro di Campofreda anche chi non conosce questo storico stampatore può venir catturato dalle sue vicende personali. Con ritmo incalzante l’autore conduce il lettore quasi per mano nei luoghi in cui la storia della fotografia dagli anni Sessanta fino ai nostri giorni s’intreccia con quella personale di Claudio, artigiano e artista, che ama il popolo minuto. È una meditazione sulla vita attraverso quella luce, la luce di San Lorenzo dove Bassi è nato, che “è sempre stata la sua luce”, come diceva il gigante della Leica Mario Dondero. Sullo sfondo di quelle foto il quartiere degli edili, l’infanzia dei ragazzini romani degli anni Cinquanta com’è stato Bassi stesso, il lavoro minorile dei Settanta e poi la Sardegna, il Mezzogiorno. Tutta la sua poetica nell’attimo che non sfugge ma si ferma e si fa eterno. Claudio nel suo laboratorio ha appeso al muro un’opera di Tano D’Amico. È la ragazza col bavaglio del ‘movimento Settantasette’. Quella foto gli piaceva tanto e sulla parete del suo laboratorio la vide Agnese De Donato, una giornalista e fotografa che fu tra le fondatrici della rivista femminista Effe. La pubblicò. Lo scatto divenne famoso e fece il giro del mondo. Come quello di Gianni Giansanti che giunse nella centralissima via Caetani quando venne scoperto il cadavere di Aldo Moro accasciato nel bagagliaio della Renault 4. Anche quella foto fu stampata da Claudio. Nelle sue mani è passata quella cronaca che s’è fatta storia. In una sorta di sodalizio Enrico Campofreda e Claudio Bassi con questo libro restituiscono un affresco che si presta a vari livelli di lettura. Quella artistica, quella fotografica, quella cinematografica, quella sociologica, quella politica. Tutto è documentato con le immagini pubblicate e gentilmente concesse dagli autori, a volte dagli eredi. E poiché le scoperte non finiscono mai ho avuto conferme di quanto sapevo: Claudio è nato a San Lorenzo, come mi aveva sempre detto, ma non mi aveva svelato che la sua casa era in via dei Campani e che era cresciuto tra le macerie del bombardamento del 1943. L’ho appreso leggendo questo libro. Io di quel drammatico luglio ne avevo sentito parlare da mio padre che da ragazzino aveva perso la casa, ma per fortuna in famiglia tutti s’erano salvati. Ora che ci penso, quella casa era in via dei Campani ed è stato proprio papà a insegnarmi sin da bambina l’amore per la fotografia. È proprio vero che alcuni incontri sono magici e si conservano nel tempo.
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