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PANE, OLIO, VINO E SALE di Enrico Campofreda |
Prodotti delle braccia e dell’anima Nella società del lavoro 2, 3 e 4.0, nell’irrinunciabilità del 5G e poi 6-7 e di tutto l’armamentario di chi in ogni luogo e per ogni cosa non può fare a meno di app e start up – insomma nell’universo di digitalizzazione e algoritmi che determinano i comportamenti anche di chi vivrebbe decorosamente senza i picchi di un abuso della pur utile tecnologia – sembra un miracolo trovare viva la sacralità dei gesti sostegno ed essenza di lavori e sapori antichi. Questo breve viaggio, anche geografico, in un’Italia che sa usare testa e braccia ha il volto, la volontà, la costanza, il sapere di quei lavoratori ispirati da una tradizione familiare oppure da un fare acquisito. Persone che trovano negli elementi della natura il soffio vitale per un’occupazione amata. Un po’ presocratici, anch’essi si rapportano a terra, acqua, aria, fuoco, gli elementi capaci di presiedere la maestosità dei cicli stagionali che, nonostante le devastazioni sofferte dal pianeta, continuano a regalarci l’eterna ricchezza dei frutti del globo terracqueo. Pane, olio, vino e sale giungono sulle tavole di ciascuno di noi grazie all’amore di persone come Tullio, Nicola, Enzo, Egidio. Le loro storie sono ovviamente personali, ma somigliano a quelle di chi come loro, pur maneggiando computer, pratica quotidianamente gesti dall’andamento rimasto simile per millenni, sebbene coadiuvato dall’utilizzo di macchinari d’avanguardia. L’intento di questi racconti non è passatista. Non contrappone l’agricoltura dei secoli che furono all’odierna, né le pratiche artigianali a quelle industriali. Anzi. Le testimonianze dei protagonisti rivelano come molte trasformazioni si siano rese necessarie. Ciò che non si vuole smarrire è l’antico percorso sacrale, tutt’uno con l’ottenimento di questi prodotti. La conservazione di quanto di permanente e tramandabile esiste, con la possibilità di rilanciare, più a lungo possibile, la magnificenza di pratiche appartenenti alla storia dell’umanità. Ne scaturisce una cornucopia simbolo non solo della prosperità, ma dei beni d’una terra che deve continuare a vivere, aggirando scelte sciagurate dello stesso genere umano, asservito a un insensato sistema di sfruttamento della natura. Mentre il passo cadenzato di chi imposta l’odierno lavoro senza smarrire esperienza e memoria, riesce a offrire il meglio della genuinità della tavola. Quella bontà che è il sale della vita. E anche il pane, l’olio e il vino che la consacrano.
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