Premessa
A distanza di mezzo secolo dall’esperienza didattica descritta in questo testo è sicuramente più semplice parlarne, evitando un coinvolgimento «sentimentale», emotivo, a caldo. Ma non si può non restare toccati da quegli avvenimenti, sia i più prettamente scolastici che quelli legati ad un tempo ancora fortemente sottoposto a dibattito storico, lontano ma capace di suscitare tuttora interesse, commozione, rabbia, simpatia.
Il tempo della riflessione non è ancora terminato, se pur si tenga presente, ad esempio, che resta tuttora aperta la discussione sull’antifascismo, per molti data come superata, mentre rigurgiti e presenze quotidiane dettano agende ancora pregne di confronti aperti e di contrasti profondi.
Ma, per tornare alla sperimentazione scolastica che è al centro degli eventi descritti nel libro, c’è da rilevare che le esperienze didattiche degli anni ’70 sono figlie ancora del boom dell’istruzione di massa iniziato con la riforma scolastica del 1962. Con questa necessaria decisione politica, si creava una situazione sociale e didattica che da una parte apriva – obbligatoriamente – le porte a tutti gli strati della popolazione italiana, ma dall’altra concedeva apparentemente una chance di promozione sociale anche a categorie fino allora escluse dalla «conoscenza».
Uso il termine «apparente», in quanto la strozzatura sociale era solo rinviata al termine della «scuola dell’obbligo», cioè a 14 anni d’età. La riforma della scuola primaria e della scuola media inferiore non venne infatti seguita dalla riforma della scuola media superiore e pertanto l’innovazione didattica introdotta nel 1962 restava incompleta, zoppa, imperfetta.
In tale quadro di mutamento incompiuto, le sperimentazioni scolastiche cercavano sicuramente, là dove possibile, di trovare strade che andassero a colmare le lacune della riforma.
Anche le scuole che si aprivano, tra mille difficoltà formali e sostanziali, alle sperimentazioni avevano riferimenti storici, politici, sociali ed economici molto precisi ed oggi, a distanza di oltre cinquant’anni, si possono leggere certamente meglio quelle esperienze. Negli istituti che, coscientemente, si ponevano in una situazione di profondo cambiamento e di rinnovo sostanziale dell’insegnamento, promuovendo nel contempo lo sviluppo degli studenti in senso lato e non solo didattico, la sperimentazione si poneva oggettivamente come rottura politica e sociale, ricercando anche un’affermazione condivisa nel territorio di appartenenza.
In altri istituti, la sperimentazione scolastica è stata invece compressa all’interno di riferimenti istituzionali (i piani ministeriali, con programmazioni decise dall’alto), ma anche all’interno delle mura scolastiche, senza cercare né quindi ottenere il collegamento col territorio.
Il caso della sperimentazione scolastica di Torrita Tiberina, benché limitato nella portata e nei tempi, ha avuto invece un momento importante di promozione sociale, di collegamenti con l’area d’intervento, soprattutto perché ha trovato un corpo insegnante ben disposto, abbastanza omogeneo, giovanile e creativo.
Ma fa parte di questo «diario di una sperimentazione scolastica» anche tutto ciò che accadeva in quegli anni, anzi, gli eventi più generali sono a ben vedere totalmente collegati a quell’esperienza torritana e la influenzano. Ne deriva così un racconto che non è solo scolastico ma è privato e pubblico, addirittura di portata nazionale in qualche caso. Dopotutto, in quegli anni, giustamente si affermava che «il personale è politico».
Si vedrà pertanto, nella lettura di questo testo, che fanno parte di quell’esperienza anche fatti importanti come la strage di Brescia nel ’74 o la «cacciata di Lama» dall’Università di Roma nel ’77 o la morte di Aldo Moro nel ’78, ma anche eventi secondari come le partite di pallone alunni-professori o le gite scolastiche o i viaggi, i pranzi e le serate con chitarra tra gruppi di docenti.
Anche l’impegno sindacale, che comprende sia l’affermazione dei diritti dei lavoratori all’interno dello stesso luogo di lavoro quanto anche le lotte più generali, regionali e nazionali, ottiene voce e riconoscimento in questo testo. La mancanza, inoltre, di continuità didattica a causa di costanti spostamenti, ritardi nelle nomine (perfino dei dirigenti scolastici!), precariato, è materia del libro.
Oggi, a distanza di questo mezzo secolo ancora traumatico e tutt’altro che pacifico – in quanto si svolge in mezzo a tutta una serie di conflitti terribili e di guerre non dichiarate, di complessità derivate dalle profonde disparità economiche e sociali, dai cambiamenti climatici in corso e da un colonialismo sfruttatore duro a morire – leggere questo diario della sperimentazione a Torrita Tiberina può far sorridere, come si fa guardando un tentativo spontaneista ed utopistico.
I protagonisti di quegli eventi, studenti, insegnanti, genitori, hanno però vissuto quegli anni con ingenuo, aperto, condiviso e coinvolgente trasporto personale. E lo hanno dimostrato anche con una cena collettiva, consumata a fine 2024, in cui i ricordi e l’affetto sono rimasti i sentimenti emergenti. |