Prefazione
Non mi era mai capitato prima di vivere in quarantena. Ma il 2020 ha reso ben chiaro il concetto, a tutti. Barricati in casa, potevamo avere contatti con gli altri, solo in maniera virtuale.
Per quanto mi riguarda, tutto ciò mi è risultato difficile e credo anche di aver trasgredito, qualche volta, per puro spirito di sopravvivenza.
È difficile immaginare una vita senza contatto umano.
Altra cosa, la scrittura. Il tempo morto che mi rendeva viva, di poesie in questo caso, mi ha permesso di resistere al non-senso che eravamo costretti a vivere.
Scrivere è stato come rompere una barriera per andare verso l’altro ed amare.
Allora mi vengono in mente le parole di Sant’Agostino, «ama e fa ciò che vuoi».
Io facevo quello che volevo, scrivere, appunto, ed amavo gli altri in qualche modo. Scrivere era soprattutto un modo per conoscere se stessi e non dubitare dell’altro, donarsi.
Ricordo che prendevo la penna, e sentivo la necessità di esprimermi: il getto della scrittura.
In casa, in quarantena, i gesti consueti sono qualcosa di estremamente singolare e personale; per quanto mi riguarda la scrittura mi ha scelto e ne sono grata.
Tutto quel che resta è scritto nelle pagine che seguono.
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