Davide Ghaleb Editore


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VILLA LANTE A BAGNAIA
TRA CINQUECENTO E SEICENTO
LA CHIESA IN FORMA DI VILLA
di Carla Benocci

Presentazione di Fabio Menicacci (Sindaco di Soriano nel Cimino)

Perché un libro sulla villa di Papacqua, nota anche come palazzo Chigi Albani? Qualcuno ha detto che è stato già scritto abbastanza. Io sono del parere contrario. Il complesso dei Chigi ha da raccontare sempre nuove storie e l’autrice è riuscita in una mirabile ricerca che ci propone una visione nuova della storia e dell’utilizzo del palazzo ma soprattutto continua a farci innamorare di questo splendido luogo che il cardinale Madruzzo e le famiglie che lo hanno abitato hanno voluto regalare a Soriano nel Cimino.
Palazzo Chigi Albani in Soriano nel Cimino e il complesso artistico monumentale che lo correda, per una vasta area posta, secondo la progettazione iniziale, in posizione tale da dominare la vallata tiberina e permettere un facile accesso ai boschi del Monte Cimino, è considerato dalla storia dell’arte uno dei pregevoli edifici del tardo rinascimento.
Le sculture delle fontane di Papacqua risalgono alla seconda metà del Cinquecento: le figure hanno un significato allegorico legato all’acqua del bene e del male. I significati delle varie presenze statuarie sono ancora oggetto di studio interpretativo, interessando sia la letteratura, sia l’architettura del tempo, sia l’esoterismo o l’alchimia. Il complesso monumentale poi si estende con il corpo nobile del palazzo, costruito sia dal card. Madruzzo originalmente, che dalla famiglia Albani successivamente, con servizi, corti, una possente ed elegante scala d’ingresso, oggi scomparsa, atrii, grandi sale di ricevimento, appartamento privato e padiglioni, alloggi per la servitù e un altro giardino interno che si unisce ai grandi spazi agricoli contigui.
Fin qui, molto in sintesi e trascurando gran parte degli elementi importanti legati anche alla storia italiana delle ville gentilizie e cardinalizie del XVI secolo: ciò che stupisce ancor più è la costante e generalizzata affezione dei cittadini di Soriano nel Cimino nei confronti di questa struttura monumentale. Essi non hanno mai tolto lo sguardo dal palazzo Chigi Albani, seguendone attentamente le vicende accadute successivamente alla cessione dell’ultima proprietaria che fu, dopo la morte del padre principe Ludovico Chigi Albani della Rovere, la contessa Antonietta Grisi Chigi Albani della Rovere (+1984). Difatti la stessa, oltre a porre particolare cura al giardino all’italiana posto all’altezza del secondo piano dell’edificio e che si estende fino al centro storico della cittadina, mantenne indenne e in condizioni ottimali l’intera struttura del palazzo, dei suoi interni, degli arredi, del patrimonio statuario ed artistico. Ella permise sempre l’accesso libero dei cittadini, degli ospiti e dei turisti, fino al portone del palazzo, alla fonte di Papacqua. Da sempre, a memoria dei contemporanei, quel luogo ha rappresentato un utile approvvigionamento di acque pure, attingendo alla fonte direttamente, dalle sue cannelle poste lungo i vasconi laterali, utile anche per “sciacquar panni” negli invasi delle vasche colme d’acqua corrente, fino ai primi anni del Novecento. Ma non solo, quella sede storica è stata per generazioni luogo privilegiato di incontro, sia per frotte di ragazzi interessati a sostare in un luogo particolarmente bello e suggestivo, sia per la particolare atmosfera che poteva permettere una confidente riservatezza per coppie di innamorati che durante le sere d’estate, al rumore non invasivo e suadente dello scorrere delle acque, con la pallida luce lunare, schiarita da quella esile dei pochi lampioni presenti, potevano anche promettersi fidanzamenti e fissare date di nozze. Ricordiamo poi le tante passeggiate di comitive che, con la calura estiva, immancabilmente facevano tappa tra la frescura e la bellezza per gli occhi che Papacqua gratuitamente elargiva. Angurie galleggianti nelle vasche, giochi e scherzi d’acqua, sempre sommesse allegrie, rispettando il luogo e gli inquilini del palazzo, abitano oggi nei ricordi di tante generazioni del Novecento ancora viventi. I cittadini di Soriano, il palazzo Chigi e la fonte Papacqua erano, fino a pochi decenni fa, un unicum, legati da uno scambio affettivo reciproco.
Era, l’intero complesso Chigi Albani, vanto orgoglioso per ogni persona soprattutto nello spiegare ad ospiti, provenienti da lontano, le bellezze del luogo. Era “possedimento virtuale” di ogni cittadino, veniva ad ergersi come simbolo e rafforzamento di un’ immagine nobile e degna di essere citata tra le tante bellezze italiane, questa volta residenti nella cittadina di Soriano, dove si era nati, cresciuti e formati alla vita.
Palazzo Chigi Albani e la fonte di Papacqua, in breve, era ed è una ricchezza di tutti, condivisa egualmente, orgoglio delle persone, luogo privilegiato e primario, dove l’esistenza di ciascuno trovava una sicura dimensione, tra arte, armonia e uso rispettoso e devoto.
Tutto questo è stato fino agli anni ottanta del secolo scorso. Non raramente, Soriano poteva intraprendere con la proprietà rapporti di amicizia e colloquio. Spesso l’interazione tra il principe o la contessa successivamente era di reciproco e piacevole incontro. Valori, conoscenze, funzioni altissime (il principe fra Ludovico fu Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta e Maresciallo del Conclave fino al 1951) divenivano patrimonio condiviso ed elemento di crescita culturale, umana e di sensibilità storico-artistica, incidendo sul carattere stesso dell’identità locale e sulla cultura e formazione di ognuno.
Poi il decadimento, per alterne vicende, e il comune, a volte rassegnato dolore, assistendo al progressivo deteriorarsi di quell’angolo di mondo personale, conservato nei ricordi di ognuno degli abitanti di Soriano. Sconcerto, rabbia, impotenza e incapacità di intervento hanno contraddistinto quasi tutta la collettività cimina fino a questi giorni. È stata sempre alta la tensione, ricercando soluzioni, studiando il problema, concertando ipotesi di intervento, sia nelle discussioni di piazza sia nelle varie considerazioni che molti addetti ai lavori hanno prodotto. L’interesse della popolazione è tuttora altissimo e l’attenzione massima, con gli occhi puntati su questo “bene comune”, considerato realmente un patrimonio da non perdere, individua come necessità quasi primaria di riaverlo disponibile, per ridare corpo a tutto un immaginario collettivo, legato a tradizioni robuste, ma anche a ricordi e nostalgie, che, a detta di molti, devono tornare ad essere realtà esperienziali e culturali da non perdere e trasmettere assolutamente alle nuove generazioni cittadine.
Tutto ciò che abbiamo tentato di comunicare con queste poche righe trova riscontro pieno nelle attese cittadine. Da tempo moltissimi, con i soli pochi e forse deboli mezzi, hanno cercato di porre all’attenzione nazionale questo problema che è sentito visceralmente, emozionalmente, razionalmente e culturalmente molto, da tutti. Da tempo l’Amministrazione comunale è attenta e impegnata per poter trovare una soluzione adeguata che, combattendo con lo scorrere del tempo, possa arginarne il decadimento, permettendo la salvezza e la conservazione dell’intero complesso architettonico ed artistico. Il recupero e restauro del Pretorio oggi conosciuto come le Scuderie, il rifacimento di parte del tetto, il restauro della fonte, i lavori nel vascone di raccolta delle acque e delle mura, il restauro e recupero dei giardini all’italiana, gli imminenti lavori di restauro del “Torrino” sono alcuni esempi di quanto finora si è potuto fare. Dobbiamo proseguire su questa strada e la raccolta fondi per la sistemazione della piscina e dei giardini interni non permette in alcun modo di sottovalutare la forte spinta collettiva, che proviene dalla cittadinanza, affinché quanto prima si curi, si salvi e si renda ad essa ed alla cultura locale il palazzo Chigi Albani, i suoi giardini e la sua misteriosa e romantica fonte di Papacqua.