Questo lavoro nasce dall’esigenza di colmare un vuoto storiografico nella monografia ottocentesca e risorgimentale del mio paese. Il fatto di essere erede della città di Castro e di vantare un territorio che abbonda di siti archeologici di rilevante importanza, in un periodo che va dalla preistoria all’età etrusca, ha fatto sì che l’attenzione storiografica fosse incentrata su epoche della terra d’Ischia considerate più affascinanti e fastose, nonché tangibili. Lo stesso Ottocento è spesso ricordato solo per il fattore brigantaggio; a loro tempo se ne occuparono lo Stendardi, il Gavelli e il Nanni, preziose fonti indirette, alle quali ho aggiunto un’inedita documentazione proveniente dall’Archivio di Stato di Viterbo, in particolare dalla Delegazione Apostolica, dal Fondo di Direzione di Polizia Provinciale, dal Catasto Gregoriano. Ciò ha reso possibile una ricostruzione ad un livello più “umano”dei fatti narrati nei luoghi dove sono accaduti.
Nei riferimenti ho volutamente omesso la numerazione delle carte appartenenti alla Busta 40 della Delegazione Apostolica serie I dell’Archivio di Stato di Viterbo. Questo perchè, a mio avviso, tale busta rappresenta un monumento al Risorgimento Viterbese. Contiene tutti i nomi delle persone che hanno fatto e sono state parte della storia risorgimentale di questa terra. Il mio intento è quello di far passare i loro nomi sotto gli occhi di chi vorrà trovare riscontro alle mie parole e sarà costretto a sfogliare quelle pagine ingiallite. Spesso la mancanza dell’onomastico nei documenti o nelle citazioni qui riportati non consente l’individuazione delle persone se non nella famiglia. Comunque si tratta di una concezione di questa che va rapportata al periodo qui trattato quindi il riferimento al cognome indica una serie di persone condividenti pensiero e proprietà.
In “Terra e Unità” ho inteso ricostruire una storia fatta di persone, luoghi e vicende che possa raccontare il rapporto degli ischiani con uno dei periodi storici tra i più importanti che ci hanno proiettato nella nostra realtà attuale. Gli uomini e le famiglie che vissero le vicende di cui si parlerà vanno inseriti e visti nel contesto storico, sociale e culturale del paese nell’Ottocento; così vedremo che gli ideali risorgimentali, tanto cari alla nostra sensibilità italiana, vanno qui di pari passo, a volte allineandosi, a volte scontrandosi, con una realtà sociale contadina alle prese con un mondo che andava in quegli anni trasformandosi, ma con addosso ancora tutto il peso ereditato da retaggi sociologici di epoca medioevale.
Nel periodo qui preso in esame non c’erano soltanto i nuovi sentimenti politici a far frizzare l’aria d’Ischia, ma più di questi vi era tutta la questione dei mezzi terratici. Il fatto che si sia impugnata a ridosso e durante il momento risorgimentale dimostra la volontà tutta ottocentesca di stacco netto dal passato feudale per la visione di uno Stato inteso in senso moderno. Per quest’aspetto lo Studio Riassuntivo del Pozzi è stato una guida illuminante nell’intrigato ordito delle cause ischiane contro i loro enfiteuti.
Ciò che ha attirato la mia attenzione è stato il confronto con il Risorgimento vissuto in realtà comunali limitrofe, come Valentano, Canino, Grotte, Acquapendente e Onano, dove l’adesione ai moti la si è avuta da parte di personalità, culturalmente o professionalmente, di spicco nelle varie comunità; vi troviamo notai, burocrati, avvocati e farmacisti, mentre in Ischia abbiamo solo possidenti terrieri più o meno benestanti. Il fatto è che la popolazione del paese è stata da sempre legata al lavoro della terra, forse proprio per l’estensione del territorio comunale e si è ritrovata ad essere sprovvista di cittadini di più alta ragione sociale. Il rapporto stretto con la terra lo ritroviamo così nella natura più pratica che politica che spinse gli uomini qui menzionati ad unirsi a quel vento di cambiamento che avevano portato le idee democratiche, liberali.
I possidenti terrieri che animarono i moti in Ischia, e che avevano un certo interesse per l’unità italiana, erano sostenuti anche dal ceto popolare, quel popolo che il Pozzi definisce ignorante e tristemente misero con uno “spirito di paurosa soggezione al signore locale”, che però nei fatti qui narrati smentirà queste parole. Rappresentare un transito, più o meno celato, raccontato nelle memorie dei volontari garibaldini che passarono su questo territorio, quali il Pistelli, il Pittaluga, il Righetto ed altri che misero per iscritto la propria avventura in camicia rossa, e la presenza di un personaggio quale Giuseppe Baldini, avrà significato per Ischia e i suoi abitanti una visione fisica e diretta del fervore e dell’attivismo che circolava al di fuori dei confini paesani. Deve esserci stato un ampio sentimento di sostegno verso quel patriottismo che in vari modi veniva veicolato in paese grazie anche alle associazioni che si erano costituite quali l’Associazione Castrense prima e la Lega dei Comuni poi, che a parte qualche episodio delatorio non si trovò ostacolato presso la popolazione. Il ricordo di ciò che accadde a Luigi Gavazzi e alla sua famiglia non intimorì gli ischiani che sette anni dopo combatterono contro gli Zuavi nell’unico scontro armato che avvenne in paese o quelli che si misero in colonna con i volontari nell’assalto alla Dogana del Voltone. Seppure vi era un interesse nei moti questo è stato accompagnato nel tempo da una sempre maggiore coscienza della realtà che s’intendeva costruire.
Chiuso il discorso risorgimentale mi sono qui proposta di dare cenni storici su come si chiuse la vicenda paesana dell’assegnazione delle terre durante il Regno senza però addentrarmi nell’argomento che, per l’ampiezza del periodo che abbraccia e per la documentazione ad esso riferita, merita uno studio doverosamente approfondito.
Il fatto di sentirmi appartenente a luoghi così pieni di Storia, ma anche così impregnati di piccole storie locali e private, che sicuramente non avranno influito sui grandi eventi ma che ci fanno respirare l’aria di un passato la cui percezione è viva passando per questi borghi e queste campagne, mi ha fatto sentire in dovere di riscoprire e provare a raccontare le vicissitudini di chi ci ha preceduti su questa bella terra in un periodo che ha traghettato il paese nel mondo di oggi.