Nonostante il nostro editoriale propositivo (”Studi Vetrallesi” n.4, 1999) e i tentativi compiuti da alcuni cittadini (come Mary Jane Cryan e Fulvio Ferri) per scongiurare la distruzione delle antiche pavimentazioni, l'Amministrazione Comunale ha ritenuto di procedere nei lavori ponendo in atto il progetto a suo tempo approvato, privo di qualsiasi considerazione per i valori storici e ambientali. Qualunque sia la soluzione che verrà scelta per coprire la colata di cemento sostituita ai tessuti originali, in parte settecenteschi, di lastroni di peperino e pezzame di pietre di vario colore, il danno è irreversibile per la distruzione o dispersione di parte del materiale che, una volta numerato, dopo i necessari lavori di bonifica, avrebbe dovuto essere ricollocato in situ rispettando scrupolosamente il disegno, le quote e il rapporto con gli accessi alle case delle antiche pavimentazioni. Al di là di ogni altra considerazione (non è la prima volta che si compiono scempi di questo genere, nel completo disinteresse degli organi di tutela e con le giustificazioni, inventate nel secolo scorso, della funzionalità e dell'igiene) si deve purtroppo constatare anche in questa occasione un sincero disprezzo per il proprio patrimonio storico e per la pratica, in vigore nei paesi civili, di raccogliere i suggerimenti di quanti sono interessati e possono portare contributi alla soluzione di questi delicati problemi.
D'altra parte ogni altro tema riguardante il territorio, l'ambiente e il patrimonio culturale (e non invece le feste, i gemellaggi, le manifestazioni sportive o gastronomiche) è ormai tabù, evidentemente per l'esistenza di vasti interessi contrastanti, non certo solo a Vetralla, con le soluzioni più moderne e meno dannose. Ciò è tanto vero che le iniziative disinteressate, per l'impossibilità di convincere le istituzioni ad agire correttamente, si collocano automaticamente nella sfera dell'utopia.
Il salvataggio di un edificio, di un albero, di una parte di territorio di valore naturalistico potrebbe essere garantito solo se un privato potesse acquistarlo con il solo scopo di salvarlo dal degrado e dalla distruzione, mentre la totalità dei beni pubblici e privati è a rischio ed è perciò destinato al peggio. Rotti i tradizionali equilibri tra uomini e risorse, si renderebbe necessario porre sotto tutela le istituzioni che, pur potendolo, non fanno nulla per evitare danni sempre più gravi. Di questa incapacità, come è ampiamente noto, è rimasta vittima illustre l'antichissima chiesa di S. Maria di Foro Cassio, ormai irrecuperabile; ma di questo e di tanti altri danni nessuno è chiamato a render conto.
Come era fin troppo facile prevedere neppure dopo l’acquisto-donazione del complesso (da tempo oramai di proprietà comunale, dopo il convegno di ampia risonanza promosso dal Museo il 18 Ottobre 1997) è stata intrapresa una qualsiasi, se pure elementare, azione di salvaguardia.
Eppure tre anni orsono erano stati promessi l’immediata recinzione, il rifacimento della copertura, il distacco degli affreschi, ecc.
La totale paralisi delle istituzioni di fronte all’emergenza, ha purtroppo provocato distruzioni irreversibili in un complesso che neppure in vista del Grande Giubileo del 2000 si è ritenuto di avere il dovere di riconsegnare, restaurato, alla comunità vetrallese.
Anche ciò che costituisce apparentemente uno spunto positivo - come il consolidamento di alcuni tratti delle mura, l'eliminazione delle orribili fioriere fisse dalla piazza del Comune, oppure il proliferare di piante in vaso in ogni angolo privato e pubblico del Centro storico - lo è del tutto casualmente. Per la storia, ricordo che le prime coppie di vasi (contenenti piante di alloro) furono da noi collocati ai lati dell'ingresso del Museo, nella prima sede di via Cassia 58 nel marzo 1992. Da allora piante e fiori si sono moltiplicati, grazie soprattutto alla sagra "Fiori alle finestre e cene in cantina", senza alcuna regola, accentuando quell'aspetto paesano che forse sa di caratteristico ma che è certamente indizio di un'assenza delle regole che da sempre distinguono l'arredo cittadino. Sarebbe indispensabile anche per questo aspetto, apparentemente secondario, che il Comune elaborasse un Regolamento per l'Ornato (un tempo sbrigativamente definito Piano del Colore, come se ogni superficie debba ritenersi intonacata o intonacabile) capace di regolamentare l'ambiente storico nella sua totalità, dall'illuminazione al verde alle pavimentazioni, ecc. E' questo uno strumento da costruirsi eventualmente attraverso un'ampia concertazione ma soprattutto con la ferma volontà di garantirne l'applicazione rigorosa, e non solo alcuni punti dolenti (come l'appropriazione da parte dei privati di spazi pubblici o il trattamento a cemento delle facciate) ma su tutta una gamma di scelte finalizzate non solo alla tutela ma anche alla valorizzazione di un patrimonio oggi seriamente minacciato da ignoranza e assenza di regole.
Anche per il paesaggio occorrono iniziative precise e mirate, individuando obiettivi su cui far convergere progetti e finanziamenti. Uno di questi potrebbe essere il Parco Suburbano di Valle Caiana (studiato per la tesi di Laurea da Stefania Fieno): un segnale di civiltà e di aggiornamento sui temi ambientali che potrebbe coinvolgere molte energie positive e contribuire a salvare un'area a diretto contatto con il Centro Storico. Al di là delle contingenti e improvvisate iniziative finalizzate al successo elettorale, qualche progetto e qualche idea va dedicato alle future generazioni non per amore dell'utopia ma semplicemente per evitare, o solo rinviare, il peggio.