Vetralla: restauri di antiche facciate.
L’insofferenza verso le testimonianze storiche autentiche va purtroppo estendendosi, coinvolgendo edifici pubblici e privati in un triste destino, di omologazione e di straniamento. Soprintendenza e amministrazioni pubbliche sembrano cedere completamente alla voglia di moderno che, applicata agli antichi insediamenti, significa cancellazione della loro autenticità e della stessa identità delle comunità locali di antica origine. Dopo la distruzione delle antiche pavimentazioni, anche la manomissione dell’edilizia pubblica e privata rappresenta un reale pericolo. Molto diffusa è infatti l’insofferenza per le irregolarità e le caratteristiche stratificazioni, ancora considerate come manifestazioni di mancato sviluppo invece che come testimonianze di antichità e originalità. Si vuole tutto omogeneo, dalle tinteggiature all’arredo urbano, facendo passare come miglioramento (nel segno della modernizzazione) ciò che è solo ignorante distruzione.
La questione del rifacimento delle facciate nei centri storici è di particolare importanza nella Tuscia, dove non esistono prassi consolidate di restauro non applicato ai “monumenti”, e dove ancora si parla di “piani del colore”, come se tutto dovesse essere intonacato e colorato e come se non esistesse una tradizione, risalente al medioevo, di costruzioni in pietra. Anche a Vetralla, tranne poche eccezioni, prevale la tendenza ad intonacare perfino edifici medievali, a colorare con toni violenti le facciate “rifatte” nel centro storico, e a restaurare in modo del tutto scriteriato gli edifici pubblici. Palazzo Zelli (sec.XVII), parzialmente rifatto in cemento armato e stravolto negli interni, viene oggi ripresentato con infissi di taglio moderno, cornici e gradini nuovi di peperino, porte antiche verniciate di grigio, mentre nel "restauro" della chiesetta della Madonna del Lauro, quasi ultimato, si è distrutto o disperso quanto di originale conservava la graziosa facciata.
Uno dei patrimoni da salvaguardare e, se possibile, da migliorare è l’aspetto esteriore dell’edilizia del centro storico che, insieme alle pavimentazioni, compone un quadro ambientale di primaria importanza, ma troppo spesso subordinata a supposti superiori valori come funzionalità, rinnovo, attualità. La distruzione di elementi originali, o la loro sostituzione con altri, quasi sempre coperta da motivazioni non pertinenti, crea danni irreparabili sul medio e lungo periodo. Anche se, nell’immediato, se ne traggono vantaggi personali, pubblici o privati che siano, questi interventi impoveriscono oggettivamente il valore, l’originalità, la qualità dell’ambiente nel suo complesso. Un centro antico “modernizzato” senza criterio slitta nella categoria delle periferie dove, indipendentemente dal prezzo dei materiali impiegati nell’edilizia, è evidente l’assenza di stratificazione storica e di parti antiche (cioè non appartenenti al nostro tempo e al nostro modo di costruire) rispettate proprio in quanto tali.
L’intervento (primavera 2003) nella facciata dell’edificio situato in Via Cassia interna 56/60 (di fronte a piazza Don Pallini), pur non potendo costituire, per i suoi limiti oggettivi, un modello cui ispirarsi indiscriminatamente, rappresenta un’inversione di tendenza significativa. Trattandosi di una torre e di una casa medievali-come dimostrato da studi compiuti per conto del Museo della città e del Territorio, che proprio qui ha avuto la prima sede, tra il 1992 e il 1995, prima del trasferimento in Via di Porta Marchetta-è stato completamente asportato l’intonaco, pericolosamente fatiscente, e si è lasciata la muratura a vista, mantenendo anche le mostre ad intonaco delle aperture. Queste ultime sono state poi colorite in grigio peperino, come si nota in altre costruzioni del centro storico.
L’intera superficie del prospetto è stata così naturalmente rispettata nella muratura medievale a grossi blocchi tufacei, non conservata in ogni parte ma tuttavia prevalente, mentre rimangono evidenti ma gradevoli le sopraelevazioni e le riparazioni successive. Nonostante si sia trattato di un normale lavoro “condominiale”, e nonostante un certo eccesso di cemento nelle lacune della muratura, il risultato sembra positivo sia perché restituisce dignità e prestigio ed un edificio antico di otto secoli sprofondato nell’anonimato, sia perché, sulla via principale di Vetralla, ristabilisce la presenza di una fase architettonica caratteristica del medioevo che altrove è perduta.