I PIRATI DELLA BELLEZZA - NEI LUOGHI DI DEMETRA |
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Dopo i consensi di critica e di pubblico avuti nella scorsa passeggiata al museo nazionale etrusco di Viterbo, eccoci al quarto appuntamento de «I pirati della bellezza – 2015 Anno degli Etruschi») con la nuova passeggiata/racconto “all’etrusca” Antonello Ricci e Davide Ghaleb editore si trasferiscono a Ischia di Castro - Loc. Castro: Una Cartagine in Maremma. Passeggiata Castri lungo i sentieri della città bosco. Fra le rovine della distrutta capitale del ducato farnesiano le passeggiate/racconto spengono la loro quindicesima candelina: a 15 anni esatti dal primo evento itinerante (era la primavera del 2000) infatti Ricci, Melaragni & Co. tornano sul luogo del loro primo “delitto” con una iniziativa nuova di zecca Il quarto appuntamento del ciclo è per domenica 19 sprile. Appuntamento Loc. Castro presso la chiesa del SS. Crocifisso. Porgeranno gli indirizzi di saluto Alfonsina Russo, Soprintendente per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale Salvatore Serra, Sindaco del Comune di Ischia di Castro. Per l'occasione sarà presentata al pubblico l'installazione di arte contemporanea La bellezza della terra dei pirati “semi” dello scultore ischiano Cesare Bozzini |
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Una iniziativa Tusciaweb.eu Con il patrocinio della per l’occasione la partecipazione sarà Antonello Ricci e Davide Ghaleb Quarto appuntamento Proprio a Castro, fra le rovine della distrutta capitale del ducato farnesiano UNA CARTAGINE IN MAREMMA Evento realizzato con il patrocinio del |
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Appuntamento Porgeranno gli indirizzi di saluto Per l'occasione sarà presentata al pubblico l'installazione di arte contemporanea Letture di “Pillole” storico-archeologiche a cura di “Pillola archeorisorgimentale” a cura di Racconta e conduce Antonello Ricci Al termine della passeggiata/racconto i partecipanti saranno ristorati da uno spuntino “en plein air” offerto dal Comune di Ischia di Castro * La sottoscrizione, libera e volontaria, consisterà nell'acquisto del volume fresco di stampa I pirati della bellezza: romanzo degli Etruschi secondo A. Ricci
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Da Antonello Ricci per Tusciaweb C'è sempre – e sempre ci sarà – disegnata come “in abisso”, nell'angolo nascosto e più remoto di una qualunque mappa dell'infanzia del mondo, almeno una Maremma. E, proprio nel cuore più infido e smemorato di questa Maremma, laggiù, lontano lontano, oltre sentieri interrotti, forteti inestricabili, malsani acquitrini, sempre c'è – e ci sarà sempre – una Città Perduta. Magari rasa al suolo dalla repentina ferocia della ignuda Natura (la chiameremo allora Atlantide). O piuttosto annichilita dai cannoni della Storia (eh sì, c'è sempre un trauma al principio di ogni storia): una città in macerie, mozziconi di ruderi fumanti, devastati/abbandonati dagli uomini (assedianti forestieri e autoctoni assediati; dannati, questi ultimi, all'erranza: mettere al mondo generazioni e generazioni di figli sradicati/spaesati) eppoi sepolti “vivi” dal lento tenace inesorabile logorio del Tempo. In seguito transustanziati in Rovine da una vegetazione selvatica al secondo grado (allegra quanto “vendicativa”), da una Natura che anela tornare a imporre il proprio informe imperio sulla terra, in saecula saeculorum. Veramente alla vigna di Renzo Tramaglino bastarono un paio d'anni e una epidemia di peste. Ma qui parliamo di nero oblio, di mare scuro come vino, di una dimenticanza alta (profonda) secoli. Millenni. Si chiami Cartagine – essa Città Perduta. O Troia. Veio o Statonia. Oppure, infine, Castro. C'è sempre una Maremma, da qualche parte nel vasto mondo, e sempre c'è – confitta nel centro perfetto dell'indistricabile labirinto – una Città-bosco sua Capitale. Rispetto al cui mito non varranno, in chiave di lenizione e redenzione, aratri di bonifica o riforme agrarie. Così che sempre ce ne sentiremo figli ridotti al servaggio di un qualche esilio: uomini «come novella Castro/ in aspro duolo sobrio e solitario», dice da qualche parte un vecchio localista (del quale più non ricordo neanche il nome). E tale mito persisterà intatto in saecula saeculorum. A ingigantire la vastità del mondo alla luce delle lampade; ad esaltare le inguaribili fantasticherie di romantici giovinetti dal volto emaciato e assorto (si chiamino Baudelaire o Giacomo Leopardi). |