I PIRATI DELLA BELLEZZA - PASSEGGIATA ACQUAROSSA

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Dopo il bel successo dell’iniziativa sul pianoro della distrutta città di Castro, Antonello Ricci e Davide Ghaleb editore lanciano la quinta tappa delle loro passeggiate/racconto “all’etrusca” per 2015 Anno degli Etruschi – I pirati della bellezza: Passeggiata Acquarossa (A spasso per la città dei vivi!).
Il nuovo appuntamento del ciclo è fissato per domenica 17 maggio. Appuntamento alle ore 10 presso i cancelli dell’area archeologica.
Alla iniziativa parteciperanno Marina Micozzi (etruscologa dell’Unitus)e Valeria D’Atri (direttrice del museo archeologico nazionale di Viterbo). L’evento è organizzato in collaborazione con Azienda Agricola Rocchi Raffaele.



SCHEDA DEL LIBRO





Nell’ambito di 2015 Anno degli Etruschi –I pirati della bellezza

Una iniziativa Tusciaweb
in collaborazione con
Università degli Studi della Tuscia
e Caffeina Cultura
Con il patrocinio della
Soprintendenza dei Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale

Antonello Ricci e Davide Ghaleb
presentano

I pirati della bellezza
12 passeggiate/racconto “all’etrusca”

Quinto appuntamento

Domenica 17 maggio

Viterbo – località Acquarossa


Evento in collaborazione con
Azienda Agricola Rocchi Raffaele

Per l’occasione il proprietario dell’area, l’Azienda Agricola Rocchi, effettuerà a proprie spese una pulizia straordinaria del sito; Davide Ghaleb editore contribuirà alla spesa devolvendo a tal fine parte dell’incasso della giornata (*)

PASSEGGIATA ACQUAROSSA
A spasso per la città dei vivi!

Appuntamento ore 10.00
Località Acquarossa – ingresso area archeologica


 “Pillole” storico-archeologiche a cura di
Marina Micozzi
(Archeologa dell’Unitus)
Letture di Pietro Benedetti e Olindo Cicchetti
Percussioni en plein air di Roberto Pecci
Racconta e conduce Antonello Ricci

IMMAGINI


* Il biglietto per la partecipazione all’iniziativa consiste – come al solito – nell’acquisto del volume
I pirati della bellezza: romanzo degli Etruschi secondo A. Ricci
o di altro libro a scelta dal ricco catalogo di
Davide Ghaleb Editore

info e prenotazioni tel. 3206872739 (attivo tutti i giorni ore 12.00-13.00)

etruschi-passeggiate@tusciaweb.it

Come si raggiunge Acquarossa: da Viterbo, percorrere strada Teverina in direzione Bagnoregia.
Dopo circa 4 chilometri svoltare a destra per strada provinciale Acquarossa (in direzione Bagnaia).
Dopo poche centinaia di metri si incontra sulla sinistra il cancello dell’area archeologica.


* * * * *

I pirati della bellezza – 12 passeggiate/racconto “all’etrusca”

I PROSSIMI APPUNTAMENTI
GIUGNO, Sabato 6 (nel tardo pomeriggio)/ Orioli e gli altri: alla scoperta di Castel d’Asso!
LUGLIO, Domenica 5 (in notturna)/ Tarquinia – Una notte al museo/1
AGOSTO, Domenica 2 (in notturna)/ Vulci – Una notte al museo/2

Da Antonello Ricci per Tusciaweb

Anche stavolta tutto principia con l'armata più sfigata dell'intero Medioevo. Si chiamano Salerno, Capannelle, Volonté e fanno capo – recalcitranti all'occasione – al più scalcagnato fra i condottieri: Gassman Vittorio, alias Brancaleone da Norcia. Fanno tappa all'Acquarossa, nei pressi del mulino. Intanto che transitano su lo cavalcone, in fila rigorosamente longobarda, Pècoro squilibra e precipita: scompare nel fragor d'onde del rugginoso fosso sottostante. Il monaco Zenone leva alta la mano, Deus non Vult!, qualcuno fra loro non ha fede: e così, in quelle acque, afferrano e cristianizzano a forza l'ebreo mercante Abacùc. Lo battezzano Mansueto. E ripartono intonando la loro celebre nenia: vade retro Sàtan, vade retro Satàn...

Ora però, ai miei lettori chiedo, con la memoria e con la fantasia, un balzo indietro nel tempo: torniamo (o forse, più propriamente, precipitiamoci in avanti) di quasi mille anni.

È il 1893. Attendono con pazienza e vigore, rigore e cura amorevole a quel civile monumento alle radici culturali remote e alla presente (e assai precaria) identità di un Paese ancora giovane-troppo-giovane (un monumento quindi anche alle buone intenzioni e alla cattiva coscienza di cui è lastricata ogni strada per l'inferno) che s'intitolerà Carta archeologica d'Italia. Ma mentre il Gamurrini a San Giovenale di Bieda intuisce e stana il sito di una città etrusca dei vivi, qui all'Acquarossa Angiolo Pasqui non sa “leggere” correttamente i pur numerosi indizi resti reperti tracce: a dispetto delle evidenze non si rende conto che anche da queste parti dovette consistere, un giorno, un popoloso centro urbano del misterioso popolo preromano. Tutti, negli anni successivi, si ostineranno a ritenere che tale presunta città etrusca fosse piuttosto da rinvenire sotto le vistose emergenze medievali della diruta Ferento (dove invece tutto grida: «Roma!» e cocci e coccetti in schietto latinorum te li tirano dietro quanti ne vuoi). Tutt'al più in una località finitima, chiamata Prato Campo: morfologicamente però ben poco adatta – fin dal nome – a sostenere e accogliere slanciate, imprendibili acropoli.

Sembra partita chiusa. Ma presto verrà un eroe. Un eroe certosino, modesto e intuitivo. Un pugno di anni dopo, all'alba del '900, verrà un baldo possidente viterbese con cultura da vendere e il pallino dell'archeologia – ma certo voi lo conoscete: si chiamava Luigi Rossi Danielli. Egli dirà: c'è da scavare qui. Qui è sul colle chiamato San Francesco. Sta sulle sue terre. E avrà ragione. Rossi Danielli, sì: quello stesso della riscoperta di Ferento; uno che scavava a proprie spese: ma erano ancora tempi mecenateschi, aristocratici e tardo-romantici, quando ancora c'era spazio per un'archeologia avventurosa e diportiva.

Volete vederlo il teatro romano di Ferento relativamente fresco degli scavi di Rossi Danielli? Andatevi allora a comprare il DVD di Un pilota ritorna (1942): film di guerra fra i più belli, prova notevole di Roberto Rossellini (mancano 3 anni appena – ma che anni! – a Roma città aperta). Un Massimo Girotti bello come il sole. A un certo punto se ne distingue – inequivocabile, spettacolare – la cavea prima del restauro dei gradoni col cemento (come li conosciamo oggi noi: laddove annidiamo il nostro pregiato fondo-schiena per la stagione teatrale estiva del capoluogo; per ritirarlo infine, ahimè, piuttosto indolenzito). Godetevi voluttuosamente la lunga sequenza dei bombardamenti e dello sfollamento, interamente girati fra queste gole torrenti alture: perché in Un pilota ritorna – sono cose che capitano solo al cinema – succede che Ferento sia la Grecia bombardata proprio in quei giorni – nella vita reale – dagli aerei dell'Asse: col paradosso in pellicola per cui velivoli appena-appena decollati dall'aeroporto T. Fabbri – al Bulicame – un pugno di chilometri più in là, all'Acquarossa, già mitragliano l'esodo di una corte dei miracoli fatta di soldati della perfida Albione, famiglie di contadini greci inermi e spauriti, malcapitati italiani fatti prigionieri a diverso ordine e titolo. Con tanto di inquadratura del rudere noto come La segretaccia. Trovar Grecia in Etruria... paradossi della celluloide.

L'edizione completa degli studi di Rossi Danielli vedrà la luce postuma, nel 1959. Pochi anni dopo, era il 1966 – doveva aver levato le tende da poco la troupe dell'Armata Brancaleone di cui in incipit – sulla scorta di quelle intuizioni e delle prove raccolte dall'archeologo viterbese (dilettante di lusso), dritti-dritti da San Giovenale arrivano i professionisti svedesi: sì, quelli dell'Istituto di Studi Classici a Roma, guidati da Gustavo VI Adolfo, il re colto e innamorato dell'Etruria interna e selvaggia, dei suoi paesaggi e della sua pittoresca storia. E scavano fino ai tardi anni '70, con risultati entusiasmanti. Per prima cosa però, in quanto esploratori-scopritori-inventori, coniano per il sito un toponimo nuovo di zecca: non più il medievale San Francesco ma – con richiamo al fosso sottostante – il più accattivante Acquarossa... Non c'è, fra noi viterbesi di una certa età, chi non ricordi – ancora gialla-splendente – quella freccia indicatrice turistica che a un certo punto della discesa sulla Teverina sciorinava quel nome, seguito dalla perifrasi «abitato etrusco del VII secolo» eccetera. Anche la segnaletica stradale sa far poesia. Morale della favola: i siti archeologici, dunque, si riportano alla luce – Manzoni docet – nella misura in cui s'inventano? O era viceversa?

Sembrerebbe ora di chiuderla qui. E invece. In cima alla spianata di Colle San Francesco, c'è lo splendido fortilizio-convento omonimo – oggi azienda agrituristica di un sognatore a occhi aperti, che sa però tenersi coi piedi ben piantati a terra: si chiama Raffaele Rocchi e nutre ambiziosi progetti di incoming “all'etrusca”. Roba da farci una guerra. E magari vincerla. Più in là, invece, la tenuta Macchia Grande. Ebbene sì, non resisto: siamo nei luoghi un tempo cari a un viterbese DOC, etruscologo decisamente sui generis – il quale negli stessi anni degli svedesi e di Brancaleone, saliva alla ribalta delle cronache locali e nazionali perché, sedicente redivivo lucumone, passava il suo tempo a conversare coi perispiriti dei nostri tris-trisavoli etruschi. Si chiamava Mario Signorelli – questo tenero Don Chisciotte sub specie etrusca – e nel mito di quel popolo scomparso voleva riconoscere un esempio di civiltà alta e perfetta, da contrapporre – tuonando inascoltato, come tutti i profeti, anche quelli di serie B – al degrado al consumismo alla speculazione edilizia all'inquinamento alla minaccia nucleare che avvelenavano (nell'ordine di climax che preferite) i tempi nuovi del pianeta Terra. Sono certo che, neanche dieci anni prima, Signorelli doveva aver visto al cinema il film Sinuhe l'egiziano, kolossal hollywoodiano in cinemascope tratto da un polpettone storico del narratore finlandese Mika Waltari. Ma del finnico, soprattutto, Signorelli doveva aver letto un altro romanzo, tradotto in Italia poco tempo dopo l'uscita di quel film: Turms l'etrusco. Dice: Antonello, ma tu, che ne sai? Lo so perché in biblioteca, proprio a Viterbo, di quell'edizione c'è n'è una copia. Allora dice: vabbè, ma a te che te ne importa? M'importa, m'importa. Ma da qui, davvero, è già un'altra storia. Ne riparleremo a tempo debito.