PREFAZIONE
Carlo Galeotti
E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure... almeno si spera.
E sì, nonostante tutto, vogliamo continuare a sognare e a scrivere sognando. E non c'è nulla di meglio di sognare insieme a chi da sempre ha fatto del sogno la propria ragione di vita.
Dopo l’Anno degli Etruschi – I pirati della bellezza, Tusciaweb e Piattaforma 2.0 hanno indetto l’Anno del cinema – Viterbo città del mare – Tuscia terra di Orson Welles, Pasolini, Fellini.
Insieme all’Università della Tuscia e con il Tuscia Film Fest. E ovviamente in collaborazione con Antonello Ricci, Davide Ghaleb Editore e la Banda del Racconto.
Intanto va spiegato perché Viterbo è indubbiamente e certissimamente città del mare. Viterbo è città del mare perché lo hanno stabilito due grandi sognatori come Orson Welles e Federico Fellini. E sì, per Orson Welles, che ha girato il suo Otello al palazzo Papale, dietro le meravigliose bifore c'è un mare con tanto di navi. Una immagine di infinita bellezza che mostra come Viterbo non possa non essere città del mare. E poi Fellini. Nei Vitelloni, non solo usa Viterbo come set cinematografico d’eccezione, ma, in una delle scene più dense di nostalgie giovanili provinciali, fa di piazza delle Erbe e del Corso la via per andare al mare. Il capocomico di vaglia chiede al ragazzo di provincia, con velleità letterarie, di portarlo al mare. E, magia del cinema, i due fanno pochi metri lungo il corso e si trovano in una spiaggia che potrebbe essere quella di una città romagnola.
Due giganti del sogno, della fantasia e del cinema hanno decretato che Viterbo è città del mare.
Non solo Viterbo è un set cinematografico straordinario, anche la Tuscia, da sempre, ha visto arrivare troupe cinematografiche dall’Italia e dal Mondo.
Centinaia di film sono stati girati nel Viterbese dal Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini all’Armata Brancaleone di Mario Monicelli.
Sarà la vicinanza con Roma, ma molto spesso la Tuscia è stata coinvolta in film di grande importanza nella storia del cinema. Film che non di rado hanno fatto il giro del Mondo.
Ora qualsiasi altro luogo che nel tempo fosse stato teatro di tanti sogni, di tanto immaginario, di tanta fantasia probabilmente avrebbe usato questi doni della cultura per costruire una parte della propria immagine.
E invece no. Non è andata così. Chi ha amministrato la città e la Tuscia non si è neppure accorto del potenziale di immagine per la città e la provincia.
Una città che ha dei brand potenti come “Fellini”, “Orson Welles” o “Pasolini”, ma li tiene nascosti. Non li fa sapere a nessuno.
Pensate, se invece di usare i consueti stilemi, si iniziasse a parlare di “Viterbo città di Fellini” e “Tuscia terra di Pasolini”.
Un nome come quello di “Fellini” è un “marchio” che può essere speso in tutto il mondo. Può aprire qualsiasi porta. Può far accendere la fantasia in qualsiasi mente.
E dire che noi non ce ne siamo neppure accorti. Non lo abbiamo per nulla usato, almeno.
Come abbiamo fatto con l’Anno degli Etruschi – I pirati della bellezza, con l’Anno del cinema – Viterbo città del mare – Tuscia terra di Orson Welles, Pasolini, Fellini vogliamo ancora una volta sottolineare una ricchezza che potrebbe essere usata in tutto il Mondo, ma che non è stata mai sfruttata.
Per questo abbiamo imbastito, anche per questo anno, un racconto che si snoda in più racconti.
Anche quest’anno l'iniziativa si svolgerà lungo tutto l’anno. E a questa iniziativa si potranno agganciare eventi diversi fatti da strutture diverse. Due le collaborazioni certe: quelle coll’Università della Tuscia e con Tuscia Film Fest.
La collaborazione con il Tuscia Film Fest ha prodotto un primo progetto, in gran parte già elaborato dal suo direttore Mauro Morucci, e che è stato presentato in comune. Una cosa apparentemente semplice: creare una cartellonistica che spieghi, piazza per piazza, quali film sono stati girati in questi luoghi. Un modo per far capire al turista che si trova in una città di cinema. Il progetto è nelle mani del comune. Si tratterà di vedere se l’attuale amministrazione vorrà dargli concretezza. Si tratta di una spesa minima che potrebbe invece avere un valore notevole per il turismo.
Con Antonello Ricci, Davide Ghaleb e la Banda del Racconto verranno ripercorsi i momenti più significativi del cinema italiano che ha usato da sfondo Viterbo. In sei tappe.
Si parte con l’Otello di Orson Welles al palazzo Papale, per arrivare al gran finale con I Vitelloni di Fellini. Non manca un giro della città con Otello Celletti/Alberto Sordi con il film Il vigile di Zampa. Forse il film più amato dai viterbesi che ci fa vedere la vecchia Viterbo. La Viterbo dei nostri padri. Densa di vita nel suo centro storico e di grande suggestione.
Con un protagonista, Alberto Sordi, che è stato probabilmente l’attore più popolare del secondo Novecento italiano. Un attore che amava e conosceva molto bene Viterbo.
Voglio finire con due ricordi e una notiziola. Due cammei come si dice nel mondo del cinema.
Il primo ha come protagonista Alberto Sordi.
In un’intervista che gli feci nel 1995, Sordi, che era a Blera per una inaugurazione, mi spiegò che veniva «da bambino a Viterbo per vedere la macchina di santa Rosa». E per quanto riguarda il suo rapporto con Fellini e Viterbo, mi raccontò: «A Viterbo ho girato una delle scene che hanno segnato la storia del cinema italiano. Quella dell’ubriaco che usciva dalla sala da ballo (a piazza della Rocca, ndr). Ero nella compagnia di Wanda Osiris. Dopo lo spettacolo, venivo a Viterbo per girare il film con Fellini. Con Federico uscivamo dall’esperienza dello Sceicco bianco che non era andato granché bene. Mentre I Vitelloni fu un successo. Col Vigile ho intasato mezza Viterbo e ho mandato nel burrone il sindaco – mi disse sorridendo –. È stata un’esperienza bellissima, anche perché lavoravo con De Sica».
Una testimonianza che la dice lunga di quanto la nostra città sia attraversata costantemente dalle mille storie di cinema che hanno fatto grande l’Italia.
E poi Federico Fellini.
Anche il rapporto con Fellini non è episodico. Ecco come descrive la città dei Vitelloni, in un breve articolo comparso su Epoca nel 1959, il regista dei sogni: «E proprio in una di queste scorribande mi imbattei in Viterbo, che per me significava il ritorno alla provincia: le sue strade con la gente che cammina nell’aria intorpidita, anche quando c’è ombra, i negozi che espongono verso le vetrine oggetti e cose che non si trovano più in città, quell’aperto oziare che non è mai vuoto, è sempre pieno di echi dolcissimi, quel senso della città antichissima, borghese e aristocratica, così misteriosamente italiana...»
E poi: «Viterbo restituiva a un sapore d’infanzia addirittura la forza di Roma, che per me era stata solo la città della giovinezza. Viterbo mi faceva capire Roma e me la riconsegnava filtrata già nella memoria. A Viterbo ci sono le fontane, i vecchi alberghi con dentro le luci accese, nell’ombra, anche di giorno (una frescura meravigliosa d’estate) e le campane che battono come risuonassero dentro casa: tre cose che mi hanno sempre dato angoscia, ma anche dolcezza: come se mi mescolassero più intimamente a tutti gli echi che mi porto dentro. E che cosa si può desiderare di più da una città, che altro motivo si deve avere per amarla profondamente?»
Una descrizione allo stesso tempo impietosa e densa di affetto e languori di un tempo che non c’è più.
La notiziola.
Fellini amava Viterbo al punto di “rubarsene” un pezzetto per piazzarlo nella sua città di fantasia di Amarcord. Fece infatti riprodurre negli studi di Cinecittà il pulpito di Tommaso d’Aquino della chiesa di Santa Maria Nuova. E proprio da lì i ragazzi di Amarcord seguono la Mille Miglia. Una piccola scoperta che ho fatto qualche giorno fa rivedendo Amarcord.
Ancora un omaggio a Viterbo.
Ecco Viterbo ha fatto innamorare questi giganti dello spettacolo. E noi continuiamo a ignorare tutto questo, o meglio non riusciamo a farne motivo per rendere Viterbo e la sua provincia luogo di pellegrinaggio culturale.
Con l’Anno del cinema e con le passeggiate di Antonello Ricci proveremo a rimettere tutto al centro dell'attenzione.
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