IL SECONDO LIBRO DELLE PASSEGGIATE
e altre bagattelle narrate per l'anno 2014
ANTONELLO RICCI

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UNO SCRITTO

Riccardo Valentini

E se guardavo l'isola petrosa
ulivi e armenti sopra a ogni collina
c'era il mio cuore al sommo d'ogni cosa
c'era l'anima mia che è contadina

Francesco Guccini, Odysseus

Penso alle passeggiate, quelle che facevi da ragazzino quando uscivi di casa per andare a giocare o a nasconderti chi sa dove senza sapere bene cosa si desiderasse in quel momento. Si voleva solo un luogo. Un luogo solo per noi. E allora, ecco le lunghe passeggiate e la scoperta che quello che avevi sotto casa non sempre era tutto quello che avevi sotto gli occhi. Quando gli occhi si aprivano alla campagna attorno a Tuscania, il mio paese, la campagna della Tuscia. Ti avviavi, senza nulla da reclamare e parole da dire. In mente solo il candore di allora. Molte volte ho sentito il bisogno di vivere queste sensazioni in età più avanzata magari quando la mia attività accademica mi trascinava per lunghi periodi all'estero. Il bisogno quasi fisico di sentire le tue radici, di riappropriarti del tuo metabolismo spirituale, del tuo genius loci, che più volte in modo mirabile Antonello descrive nel suo libro. Imparavi allora, in quelle passeggiate prima di cena che poi tornavi in ritardo e percorrevi il corridoio di casa con passo prudentissimo, imparavi ad ascoltare e dall'ascolto s'aprivano le porte per nuove scoperte. La narrazione di una cultura dove il ricordo è selezione sociale del bisogno dove non c'è scrittura ma racconto. Una trasmissione dei valori efficace e al tempo stesso dolorosa. Bellissima la descrizione di "quei bimbi fuori fuoco nella grotta del vasaro (lui distratto, a capo chino, religiosamente intento al suo mestiere)". Non è solo l'immagine e la parola ma il senso fisico dell'odore del tufo bagnato, del sudore creativo di quel sapere non codificabile se non nei gesti rituali del saper fare, trasmesso di generazione in generazione. Il processo, quello della trasmissione del sapere e del progresso umano che richiama quello della vita biologica. Una molecola, quella del DNA, che si replica continuamente e che contiene tutte le informazioni necessarie alla nostra vita anche quelle che subito non ci servono ma che un giorno potranno attivarsi per difendere il nostro organismo. Tra le pietre, i campi e gli oggetti che ancora oggi utilizziamo, c'è una memoria nascosta, un DNA, che rischia di andare perduto. È parte di noi e della nostra storia. Un mondo che ci racconta e custodisce come il nostro dna, la memoria del passato che tiene nascoste dentro di noi tutta una seria di capacità che si attivano poi al momento opportuno. Una memoria che va recuperata e valorizzata. Una memoria globale, patrimonio dell'umanità. Come non riconoscersi nella descrizione dello stupore della scoperta del Machu Picchu e della piramide di Bomarzo, ancora intrisa di un senso di mistero che Antonello abilmente accosta proiettando il nostro genius loci con quello di altre civiltà. Una rete di nodi della conoscenza e della memoria di un Pianeta che stenta a trovare un equilibrio nello sviluppo della civiltà umana. Ancora è lunga la strada per un modello di sviluppo incentrato su un utilizzo sostenibile del territorio, un rapporto con le risorse che occorre riscoprire per costruire un futuro in sinergia con l'ambiente in cui viviamo. Quella contadina non è una cultura del passato, ma una cultura per immaginare un nuovo possibile futuro.


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