Presso la Facoltà di Beni Culturali dell’Università della Tuscia è stato per la prima volta istituito in Italia l’insegnamento di Archeologia Subacquea (prof. Piero Alfredo Gianfrotta), a cui è seguito un corso di laurea triennale sulla stessa materia. E’ un campo di ricerca relativamente giovane, ma che gode di una straordinaria attenzione in quanto tocca un ambito di ricerca estremamente ampio comprendendo in sostanza tutti i tipi di insediamenti o documenti materiali individuati sott’acqua, comprese, ovviamente, le infrastrutture (porti, impianti per l’allevamento del pesce, ecc.)
Si hanno così, ad esempio, rimanendo nell’area della Tuscia, i rinvenimenti di relitti che indicano, come nel caso della nave di età augustea rinvenuta all’altezza dell’attuale Ladispoli, il commercio di vino (contenuto in dolia e anfore) rivelando criteri di distribuzione in precedenza insospettati.
Installazioni portuali, attracchi e approdi emergono dagli studi effettuati lungo le coste ( si cita ad esempio il caso di Regisvillae , sito noto come “Le murelle” presso Montalto di Castro, attracco portuale di Vulci, identificato oggi come area di attracco periodico) ed una vera e propria carta archeologica del sommerso si delinea lungo il litorale tarquinese, dove una ricca serie di rinvenimenti condotti a sud di Porto Clementino (antica Gravisca) indica una particolare densità di naufragi, dovuti alla scarsa profondità del tratto di mare vicino alle coste.
Indagini che si pongono al limite tra l’intervento subacqueo e le normali attività di terraferma sono quelle relative al rinvenimento di peschiere (ad es. nelle località di Martanum, Santa Merinella e Santa Severa): si possono così fare delle considerazioni riguardo all’allevamento del pesce e, più ingenerale, sulla pesca nell’antichità.
Correlato con quest’ultimo tema è quello degli animali acquatici, argomento del nono libro della Storia naturale di Plinio il Vecchio, che Piero Alfredo Gianfrotta ha tradotto dal latino, e di cui leggerà alcuni brani, poichè “ha ancora molto da offrire, non soltanto agli studiosi ma soprattutto al comune lettore, quanto a curiosità, a freschezza, a delicatezza delle descrizioni e all’attualità di certe posizioni vigorosamente sostenute in difesa di componenti della natura che ancora oggi stentano a trovare la giusta considerazione”.
|