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13 settembre 2008, ore 16,30
Vetralla
Museo della Città e del Territorio
Via di Porta Marchetta, 2

Ferento e i centri dell'Etruria interna viterbese
dal Villanoviano alla Romanizzazione
Marina Micozzi (Università della Tuscia)

Gli scavi che il Dipartimento di Scienze del Mondo Antico dell'Università della Tuscia conduce dal 1994  a Ferento hanno portato alla luce testimonianze di epoca preromana che attestano l'esistenza di una fase etrusca del sito a partire almeno dalla fase finale della I età del ferro, con sporadiche presenze di età orientalizzante e un più consistente addensamento della documentazione nei periodi tra VI e V sec. a.C. e  tra la seconda metà del IV e gli inizi del III sec. a.C.
I nuovi dati si inseriscono nel sempre più dettagliato quadro delle conoscenze disponibili per i centri del territorio  viterbese, zona cruciale di  raccordo tra diverse aree culturali, la cui storia è condizionata dai rapporti con le metropoli dell'Etruria meridionale costiera, ma anche profondamente segnata  dalla prossimità della frontiera falisca e dall’apertura sulla valle del Tevere e, quindi, sulla realtà politico-economica del distretto volsiniese.
I pochi materiali  di VIII secolo vanno ad incrementare gli scarsi dati sul popolamento della I età del ferro forniti dalla vicina Acquarossa, dall’abitato viterbese di Montepizzo e, soprattutto dalla necropoli Poggio Montano a Vetralla. Per il VII secolo a.C. risulta invece confermato un importante collegamento con Cerveteri, già noto da Acquarossa e le cui tappe possono essere ripercorse attraverso la presenza di elementi culturali ceretani nei centri gravitanti sull’alta valle del Mignone e sul Biedano (Giovenale, S.Giuliano, Blera, Grotta Porcina, Cerracchio, Norchia).
L’interruzione della continuità di vita che si riscontra in molti centri dell’Etruria meridionale interna allo scorcio del VI sec. a.C. sembra risparmiare l’insediamento sul colle di Pianicara, che continua a vivere dopo l'abbandono di Acquarossa, apparentemente inserito nella sfera culturale volsiniese, in sostanziale coincidenza con quanto documentato per Viterbo dalla necropoli di Poggio Giulivo, dove la maggiore consistenza dei ritrovamenti permette di articolare meglio il quadro riconoscendo, accanto a quelli volsiniesi, elementi ceretani, vulcenti e tarquiniesi.
Dalla metà del IV sec. a. C. risulta evidente l’inserimento di tutti i centri della zona in una koiné culturale in cui il locale plafond tiberino (volsiniese – falisco) si connota in senso decisamente tarquiniese rivelando la dipendenza, anche politica, dalla grande metropoli costiera, dalla quale, appunto, proviene l’impulso per la riorganizzazione del popolamento alla vigilia  del definitivo inserimento del territorio nell’orbita di Roma.