NEL MEZZO DEL CAMMIN... MI RITROVAI NEL XXI SECOLO Gli artisti si confrontano con la Divina Commedia |
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Nota introduttiva di Valentina Ierrobino Nella mostra di Bomarzo si percorre un terreno già battuto dagli artisti di tutti i tempi, e la cosa non sorprende poiché la profondità di lettura del poema dantesco non ha limiti temporali. Ogni interpretazione delle vicende descritte da Alighieri, sia essa antica o più recente, sia essa espressa attraverso un dipinto piuttosto che realizzata con i più moderni sistemi di comunicazione visiva, è frutto del suo tempo. L'artista e il committente che hanno voluto immortalare i versi della Divina Commedia hanno lasciato una traccia, indelebile, del loro passato perché l'arte, come espressione concettuale e sincretica del mondo in cui viviamo, inventa sempre nuove letture e interpretazioni, anche se si tratta di versi scritti in epoca ben lontana e diversa dalla nostra. Chiarificatrici le parole dello storico Francesco de Sanctis che definisce la Commedia “il mondo universale del Medioevo realizzato dall'arte”. La prima illustrazione del poema dantesco risale al 1480- 1495 e vede all'opera uno dei più grandi artisti del tempo, Sandro Botticelli (1445- 1510), che rilegge in chiave Rinascimentale le vicende del peccatore Dante e del suo mentore Virgilio. Lo stile è quello tipico della corte medicea: forme tondeggianti, donne dagli incarnati rosa e dalle forme abbondanti, a simboleggiare la floridezza della natura e la prosperità della corte di Lorenzo il Magnifico. I volti delle anime pure e di Beatrice, in contemplazione del Creatore, sono eterei e sensuali come metafora di rinascita spirituale e purezza, ma i volti divengono terribili e grotteschi laddove sono il male e il peccato a trasfigurare prima ancora l'anima che il corpo, volgare forma esteriore. Seguono poi le illustrazioni di Federico Zuccari (1542 circa- 1609), artista attivo a Roma nella seconda metà del XVI secolo. La forma prende il sopravvento sul colore, grovigli di corpi e pose audaci, memori dell'arte del primo Cinquecento, ma post-manierista. La Divina Commedia si presta nel migliore dei modi, anche in questo caso, a descrivere la società che cambia, la sua necessità di affrontare i nuovi capovolgimenti storici e le rivoluzioni artistiche che da un lato i Carracci e da un lato Michelangelo Merisi da Caravaggio si apprestavano a compiere. L'arte visionaria e la sublimazione dell'inconscio sono invece i temi evidenziati dall'inglese William Blake (1757- 1827) che incomincia ad illustrare la Divina Commedia nel 1824 circa e che lascia incompleta alla sua morte. Le sue illustrazioni si rivelano piuttosto delle riletture critiche del poema, l'artista sembra non condividere il contrappasso dantesco e le punizioni inflitte ai dannati, ma crede invece come Dante nel materialismo e nella natura umana facile alla corruzione; famose sono le sue annotazioni a fianco al testo, “Ogni cosa nella Commedia di Dante mostra che, per scopi tirannici, egli ha fatto di questo mondo le fondamenta di tutto e della Dea natura e non dello Spirito Santo”. I versi del sommo poeta rivivono nelle illustrazioni romantiche di Gustave Doré, pittore e incisore francese, realizzate tra il 1861 e il 1868. Nei primi anni del Novecento viene bandito il primo concorso Alinari di Firenze, in cui si richiede agli artisti di illustrare due canti dell'Inferno, a scelta. I lavori pervenuti alla Fondazione saranno raccolti nel 1902 nella prima pubblicazione sul poema dantesco, nel frattempo venivano banditi i concorsi per il Purgatorio e il Paradiso. Oggi il materiale è stato raccolto in un corposo volume, La Commedia Dipinta. I Concorsi Alinari e il Simbolismo in Toscana, in cui si possono ammirare le illustrazioni di Giovanni Fattori, Alberto Martini, Adolfo De Carolis e molti altri nomi noti del primo Novecento italiano. Molto interessante è anche una delle imprese più ardue e affascinanti di Vittorio Alinari, mossa dal concorso sulla Divina Commedia del 1902: fotografare tutti i paesaggi citati da Dante nel suo poema. La raccolta di fotografie, Il paesaggio italico nella Divina Commedia, uscirà nel 1921 con la prefazione di Giuseppe Randelli. Recentemente a Milano, nei Musei di Porta Romana (dal 27 ottobre al 26 novembre 2000), si è svolta una mostra in cui sono state esposte oltre 70 tavole dei maestri Lorenzo Mattotti, Milton Glaser e Moebius, create appositamente per una nuova edizione della Commedia dei Classici Illustrati Nuages; mentre nel 2008 è stato l'artista Giorgio Bacchin ad illustrare i canti del celebre poema, riletto dal poeta- drammaturgo Roberto Mussapi, in un'antologia che vuole avvicinare i versi del sommo poeta ai giovani, in modo originale e critico. Gli artisti che oggi a Bomarzo hanno dato il loro contributo nell'illustrare la Divina Commedia hanno dimostrato ancora una volta che l'eterno conflitto tra il bene e il male, l'incessante ricerca della libertà, lo “sdegno per la decadenza e la corruzione di ogni valore umano e civile”, ma anche la “incrollabile fiducia nella giustizia divina” dell'uomo Medioevale, volendo semplificare in pochi concetti scelti per egoismo tra i più vicini alla nostra epoca in rovina, il ben più nutrito contenuto del poema dantesco; sono più che mai attuali e moderni. Ma solo gli artisti, in virtù del loro genio creativo e della loro invidiabile fantasia, sanno illustrare con opere significanti ed evocative il mondo che cambia, forse in peggio. Per fortuna l'arte dei grandi maestri ci aiuta a tornare sulla diritta via, o almeno ci fa riflettere sulle cose che stiamo perdendo e su come è in nostro potere riappropriarcene: [...] “Quante volte, del tempo che rimembre, |